007, che memoria questo agente!

Un incontro a dir poco surreale quello con l'attore Sean Connery, icona del cinema di Hollywood, da sempre 007 nell'imamginario collettivo.

23/05/2012
(Foto: Corbis)
(Foto: Corbis)

Il marketing, soprattutto. Il più grande festival cinematografico del mondo – la definizione è del presidente della giuria Nanni Moretti - più che dei film in concorso si preoccupa di divulgare il suo brand: ed è per questo probabilmente che in occasione della 62° edizione gli organizzatori hanno scelto come testimonial due miti dello schermo, Marilyn Monroe e Sean Connery.

Marilyn
la si vede un po’ dovunque perché campeggia sul manifesto ufficiale, bellissima, davanti a una torta con una sola candelina, come se fosse nata oggi e non scomparsa addirittura cinquant'anni fa. A Connery, lo 007 per antonomasia, hanno dedicato una rassegna di cinque film che vengono proiettati sulla spiaggia davanti alla Croisette, la “promenade” che attraversa tutta la città. Il primo dei film è anche stato il primo ad avere come protagonista la spia più elegante del mondo cioè 007 Licenza di uccidere, poi altri tre interpretati da Connery per concludere, quasi un passaggio di testimone per il futuro, con Casinò Royal, l’ultimo dei sei 007 apparsi sullo schermo, Daniel Craig. E sempre sulla promenade si può già vedere il manifesto del prossimo film intitolato Sky fall, il ventitreesimo della serie.

Con Sean Connery ho vissuto un’esperienza professionale a dir poco surreale. Ero agli inizi della carriera e lavoravo nella gloriosa Mondadori di Via Bianca di Savoia dove ogni tanto si poteva persino incontrare il grande Arnoldo. Dunque, la sezione libri sta trattando con gli agenti di Jan Fleming per pubblicare tutti i suoi libri ma nelle redazioni arrivano notizie negative, non se ne farà nulla. Del resto dalle redazioni erano trapelate anche le notizie di un deciso “no” a Bonjour Tristesse della Sagan e persino a Il Gattopardo.

Ma stavolta c’è un problema contingente: con gli agenti è arrivato a Milano anche il protagonista del primo film in uscita imminente, si chiama Sean Connery, è scozzese, e sui quotidiani è apparso un trafiletto che racconta come due giorni prima abbia sbancato il Casinò di Saint Vincent, intascando un sacco di milioni. Una chiara bufala” che, ovviamente, il Casinò non smentisce.

Resta il problema di intervistare l’attore tanto per accontentare chi aveva creduto di poter avere l’appoggio della casa editrice più prestigiosa del nostro Paese. Il direttore di Epoca, il gioiello di casa, non ci pensa nemmeno, la direttrice di Grazia anche. Restano Arianna, che è un prestigioso mensile di moda che oggi si definirebbe “cool” e Storia illustrata, che ovviamente si occupa d’altro.

La scelta cade sull'ultimo nato, Teletutto, che ha sostituito Il Musichiere dopo che Mario Riva era morto a Verona, mentre presentava una serata. E io lavoro lì, più o meno precario.

Mi chiama il direttore e mi dice: “Parla un po’ con quell’attore, ma non perdere troppo tempo, tanto è un’intervista che non uscirà mai”. Io so solo che ha vinto al Casinò e lo ricevo nel salottino dove di solito arrivano le agenzie fotografiche. Un po’ per il mio inglese, molto per la mia totale ignoranza sul soggetto in questione, diciamo che non mi sento proprio a mio agio ma a risolvere è il mio interlocutore che mi spiattella a scroscio una serie di notizie: ha interpretato dei musical, il produttore l’ha visto recitare in un piccolo ruolo in un film della Disney, ha partecipato al concorso di Mister Universo,ha posato nudo per un mensile “glamour”, e il suo nome si pronuncia Scion.

Mentre Connery mi “scrive” un’intervista che non uscirà mai, lo guardo con attenzione: è un colosso alto circa un metro e novanta, soffre di una calvizie incipiente e mi dice che ha 32 anni. Il colloquio si prolunga più del previsto ma dalla redazione mi reclamano e così finisce un incontro piacevole ma decisamente Kafkiano. Prima che io scappia arriva una sua raccomandazione: “Attento alla ragazza che esce dal mare con un bikini bianco, è svizzera, ma non sembra”. Naturalmente solo quando esce il film capisco che mi “presentava” Ursula Andress, la mitica prima “Bond-girl”.

Sono passati cinquant’anni, Connery è uscito dopo sette anni dal personaggio di Bond, temendo di rimanerne prigioniero, poi ha vinto un Oscar con Gli invincibili di Brian De Palma, è diventato uno degli attori più apprezzati (e pagati) di Hollywood. Per anni non l’ho più incontrato ma quando dirigevo Ciak e lui girava in Italia Il nome della rosa, dopo le riprese esterne in Abruzzo seppi che avrebbe anche girato delle scene a Cinecittà. Chiesi un breve incontro sul set e quando lo vidi, col saio da frate, capii che mai si sarebbe potuto ricordare di quella non intervista del 1962. Chiacchierammo amichevolmente durante una pausa e, quando ci salutammo lui mi congedò con una frase che mi lasciò basito: “Però ne abbiamo fatta di strada...”. 007 che memoria!

Gigi Vesigna
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