Alla Scala una Tosca "senza ombre"

Il 22 aprile la première era stata ingiustamente criticata da un gruppo di "guastatori" organizzati, mettendo in cattiva luce uno spettacolo tutto sommato soddisfacente.

26/05/2012
Una scena della Tosca alla Scala.
Una scena della Tosca alla Scala.

Il 27 aprile la Scala diramava un insolito comunicato stampa per informare che la seconda recita di Tosca, con la seconda compagnia di canto, aveva riscosso un «successo senza ombre». Ombre che invece si erano addensate sulla première, a conferma che alla Scala le “prime” delle opere di repertorio si svolgono purtroppo in un clima di tensione incline alla turbolenza.

Da troppo tempo, infatti, una parte ben individuata del loggione si oppone pregiudizialmente a ciò che la Scala presenta. Sono “guastatori” - tutt’altro che sprovveduti, anzi accreditati di una riconosciuta competenza - ai quali non par vero di sostituirsi agli spettatori degli antichi circhi romani nel decidere il successo (ma più spesso l’insuccesso) degli spettacoli.

È un atteggiamento fortemente deprecabile, che, subito enfatizzato mediaticamente, finisce per nuocere al prestigio della Scala, da rispettato centro di cultura destinata purtroppo a trasformarsi in luogo di litigi indecorosi e deliri circensi. Tosca era una preda troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire: quindi una sorta di tracollo annunciato, puntualmente verificatosi il 22 aprile, e altrettanto puntualmente ingiustificato, almeno in quella misura, come ho potuto ben constatare alla matinée del 6 maggio.

Lo spettacolo, già visto, firmato da Luc Bondy è criticabile per il Te Deum pasticciato e per la scena di Palazzo Farnese che sembrava un bordello, ma presenta alcuni momenti di indubbia efficacia teatrale (l’omicidio di Scarpia e il suicidio di Tosca). Bacchetta vigorosa, sanguigna di Nicola Luisotti, attuale direttore artistico del San Carlo, con Bruno Casoni sicura guida del coro. Sul palcoscenico s’impone la figura atletica di Martina Serafin, austriaca nonostante il cognome veneto, la cui voce piena e timbrata stenta però a flettersi in sinuose smorzature, rinunciando quindi in partenza all’efficacia di certe soluzioni espressive.
Marcelo Alvarez
, tenore oggi fra i migliori, conferma di avere in Cavaradossi un personaggio che si adatta particolarmente ai suoi mezzi vocali. Il baritono georgiano George Gagnidze non ha un timbro né una figura che valgano a disegnare uno Scarpia di particolare spicco, ma neppure merita la dura contestazione del 22 aprile.
Bene il resto della compagnia, con una citazione speciale per il ficcante Spoletta di Massimiliano Chiarolla. Nell’insieme quindi una Tosca soddisfacente, che se non fa gridare al miracolo non merita nemmeno gli urli sgarbati del loggione.

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