26/06/2012
L’Arena di Verona ha inaugurato la stagione vincendo l’ardua scommessa di Don Giovanni. Eseguito per la prima (e unica) volta nel 1999 al Teatro Filarmonico, il capolavoro mozartiano ha rimesso i piedi a Verona nel luogo meno atteso – gli ampi spazi areniani – sfidando gli umori del pubblico generico, le perplessità dei melomani colti e no, e i timori di quanti temevano che un’eventuale amplificazione snaturasse l’essenzialità originale del volume e del timbro delle voci. Tutto ciò è stato gettato dietro alle spalle e si è proceduto con tranquilla sicurezza verso il traguardo finale, raggiunto a prezzo anche di inevitabili rinunce sotto il profilo artistico (la scarsità di prove ha influito sul risultato complessivo).
A curare l’aspetto visivo, imprescindibile all’Arena, è stato chiamato Franco Zeffirelli, il quale non ha fallito, vista la sua ritrosia a farsi convolgere dalle manie di modernità a ogni costo. Alla fine il pubblico lo ha lungamente festeggiato, a conferma che, a dispetto dei molto nemici è sempre lui il più amato regista d’opera italiano. Bravissimo protagonista è stato Ildebrando D’Arcangelo, eccellente cantante (la sua Serenata è stata una mirabile lezione di canto impartita allo scentrato Don Giovanni scaligero) e ottimo attore, molto ben assecondato dal solito Leporello del ficcante Bruno de Simone. Abbastanza felice il terzetto femminile, in cui hanno primeggiato Carmen Giannattasio (un’Elvira sufficientemente aggressiva e incombente) e la vivace Zerlina della francese Geraldine Chauvet, mentre ha deluso la russa Anna Samuil, in seria difficoltà nell’aria dell’ultimo atto.
Completavano il cast il Commendatore di Paata Burchuladze, i cui molti anni di carriera non sono serviti a migliorarne la linea di canto, il Don Ottavio del delizioso tenore albanese Saimir Pirgu e il disinvolto Masetto di Vincenzo Taormina. Daniel Oren, per la prima volta alle prese con la partitura mozartiana, si è destreggiato con l’abilità che lo distingue per far sì che la trasparente levità della musica non uscisse penalizzata più del previsto.
Oren ha colto un meritato trionfo anche in Aida (23 giugno), nella quale ancora una volta ha dimostrato la propria totale adesione alle esigenze della partitura verdiana. Sul palcoscenico – accanto a un gruppo di solidi professionisti quali Marco Berti (Radames), Ambrogio Maestri (Amonasro), Francesco Ellero D’Artegna (Ramfis), Andrea Ulbrich (Amneris) e Roberto Tagliavini (Il re) – si è felicemente imposta la cinese Hui He, molto migliorata fisicamente e vocalmente, che ha disegnato un’Aida di eccellente risalto vocale tanto per il pugnace temperamento quanto per la linea di canto soffusa di liricità: forse l’Arena ha trovato in lei l’attesa erede di Maria Chiara.
Giorgio Gualerzi