Benigni: la Costituzione è poesia

Prima la satira politica, poi un'intensa lezione-spettacolo sui principi fondamentali della Carta. «Dite ai vostri figli di camminare a testa alta», ha detto il comico.

18/12/2012
Un momento della lezione sulla Costituzione di Roberto Benigni (Ansa).
Un momento della lezione sulla Costituzione di Roberto Benigni (Ansa).

Si usa affermare che Mozart, con il suo genio, avrebbe potuto mettere in musica anche la lista della spesa. Qualcosa di simile ha tentato ieri sera Roberto Benigni, decantando per due ore e senza intervalli, su Raiuno, le bellezze della Costituzione italiana. Impresa nobile e insieme temeraria, prestazione atletica, sudori da riempire una batteria di fazzoletti, tanto da far pensare che, dopo tutto, Mozart avrebbe avuto vita più facile.

In effetti, malgrado l’inventiva e il carisma del comico, il proposito di trasformare in show una sfilza di articoli poteva indurre alla fuga anche lo spettatore meglio disposto. Ovvio che Benigni era il primo a rendersene conto. Così, per divertire e tenersi stretto il pubblico, ha dedicato tutta la prima mezz’ora alla satira politica. Sulla quale peraltro, come sul modo di valutare oggi la Carta dello Stato, ci sarebbe qualcosa da dire. La satira è consistita nell’avvertire che l’umanità corre due pericoli, e la fine del mondo è il secondo. Il più attuale e temibile è il ritorno in campo di Berlusconi.

Ora può darsi che a destra qualcuno protesti
, come già avvenuto per Fabio e Litizzetto. Errore. I politici più avvertiti ammoniscono da tempo che più si parla di Berlusconi e più l’ex-premier ne trae vantaggio. Inoltre Benigni è parso rivolgersi soprattutto a quanti non leggono i giornali. Ogni sua battuta infatti era stata già anticipata dagli articolisti dei quotidiani e dei settimanali, con ironia anche più sferzante. In certi casi, repetita non iuvant.

Parlando della Carta, Benigni ha divertito, ammonito, istruito il pubblico in studio e a casa (Ansa).
Parlando della Carta, Benigni ha divertito, ammonito, istruito il pubblico in studio e a casa (Ansa).

La seconda parte, un’ora e mezza, ha sofferto inevitabilmente di qualche stanchezza. Indubbio merito di Benigni è stato l’aver evitato il torpore: tuttavia una o due pause, sia pure per gli spot sui pannolini, avrebbero aiutato. Nel complesso, ad ogni modo, la reazione dello spettatore non poteva che avere un carattere personale. La nostra, per il niente che vale, è stata di malinconica riflessione. Memore delle lezioni dantesche, Benigni vede la Carta istituzionale come una creazione poetica, nella struttura come nel linguaggio. Tutto è alto e lungimirante. I politici che 64 anni fa l’hanno redatta (fra i quali Ugo La Malfa, scambiato col figlio Giorgio) meritano al massimo livello la gratitudine patria.

Qui c’è molto di vero, anche se gli studiosi lamentano che il timore di rigurgiti fascisti abbia indebolito fin da allora la prospettiva di governi autorevoli. Ma non è questo il punto, specie in chiave di serata Tv. Illustrando i successivi articoli, poetando e poetando, Benigni ha elencato in sostanza le tante cose che si dovevano fare e non sono state fatte. Elevati concetti quelli costituzionali, uno più ammirevole dell’altro, ma non applicati in concreto oppure storpiati. La Repubblica fondata sul lavoro, e di lavoro ce n’è sempre meno. “Amare il lavoro”, ma a condizione, specie per i giovani, di averne uno. La condanna del populismo, che oggi è imperante.

Il dovere della solidarietà, quando i poveri devono contare più sull’assistenza della Chiesa che sullo Stato
(più avanti, affrontando la questione religiosa, Benigni poteva pure risparmiarsi qualche faciloneria sulle pressioni vaticane). I diritti inviolabili dell’uomo, tante volte violati mentre per quelli femminili, fra gli omicidi pressoché quotidiani e le ingiustizie sociali, non basteranno certo le prediche benintenzionate. Le Repubblica “una e indivisibile”, che mirando al decentramento è riuscita solo ad autorizzare una catena di potentati locali, corrotti e famelici.

Tutti i cittadini uguali davanti alla legge: e ghigneranno i ricchi e prepotenti che se la cavano sempre, a spese di chi non ha mezzi. La tutela del paesaggio, e qui c’è solo da piangere. “Amate la politica”, esorta Benigni. Anche questa politica?

Conclusione. Bravo Benigni, forse non poteva fare di più
. L’impegno era di rievocare l’impegno dei padri fondatori, da far conoscere a chi l’ha scordato o sottovalutato. “Ditelo ai vostri figli!...”. Diciamolo pure. Messo su carta, poteva essere davvero il migliore dei mondi possibili. Peccato che sia andato a pezzi.

Giorgio Vecchiato
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Postato da antonel il 20/12/2012 18:51

Scusate se insisto, ma la grandissima arte di Benigni è riuscita a nascondere la verità, che la nostra Costituzione è vecchia, figlia del suo tempo, un compromesso politico che allora aveva forse senso, ma oggi no. Tutte le belle parole che sono scritte nei primi articoli li trovi nelle altre. Solo che le altre non hanno residuati ideologici come "il lavoro" al posto dei "diritti dell'uomo" e "i lavoratori" al posto dei cittadini. E nemmeno quell'imbarazzante articolo 7, che ai cattolici liberali sta costando lacrime e sangue. Sono delusa dalla dabbenaggine di tante brave persone, anche di quelle che scrivono qui. Scusatemi.

Postato da Andrea Annibale il 20/12/2012 11:57

Ci sono tanti che ammirano Benigni senza amarlo particolarmente. Infatti, ammirare ed amare sono due cose molto diverse. Mi colpisce la grande diversità tra i commenti apparsi su Famiglia Cristiana – sito internet – e le lettere commentate in argomento dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Rispetto entrambi i punti di vista, quello fortemente elogiativo e quello critico. Le considerazioni di Benigni lasciano, secondo me, il tempo che trovano. Una serie di ovvietà interpretate su di un piano artistico magistralmente, con grande effetto spettacolare, come in un circo. La Costituzione ridotta ad un circo mediatico e abilmente spettacolare. Già ne La vita è bella, Benigni raccontava verità ovvie e contestate dagli stessi ebrei in modo altamente poetico e magistrale. L’arte mi porta a dire “chapeau”, lo sguardo critico sui contenuti mi porta ad essere un po’ più scettico. E poi tanta retorica mentre la realtà stride fortemente con le tante promesse non mantenute della nostra Costituzione! Facebook: AAnnibaleChiodi; Twitter: @AAnnibale.

Postato da Andrea Zilio il 19/12/2012 18:11

Ho ascoltato Benigni, dall'inizio alla fine. Senza stancarmi. Eppure, di solito, non guardo mai la Tv più di mezz'ora di seguito. Ho imparato molto. Ho imparato che la mia prevenzione verso questo artista non era motivata. Ho imparato che la Costituzione dobbiamo rileggerla, perché è bella. solida, grande. Dimenticata da troppi di noi. Dobbiamo conoscerla e rispettarla. Deve tornare nelle scuole, altrimenti cosa insegniamo, che due più due fa quattro? Troppo poco, si impara anche senza scuola. Dobbiamo ricordarci che "Dio ha posto l'uomo in mano al suo consiglio", l'ha fatto libero e responsabile. L'ho letto in qualche parte nella Bibbia. Non c'è bisogno di spot politici, che solo i cavernicoli possono accettare. Variabili, come il meteo. Nulla all'uomo deve essere nascosto o imposto con false lusinghe, odiose minacce. Deve essere guidato a conoscere, educato a scegliere. Questo è il succo delle parole di Benigni che mi è rimasto. Un laico come lui ha trovato modo di esaltare, con un intervento lampo, fresco e commovente, il comamdamento "ama il prossimo tuo". Mi è piaciuto molto. Mi resta solo un rammarico: non ce la faccio con tutti, con il Silvio, novello "Vanna Marchi", è impossibile. Altrimenti sarebbe offensivo. Per qualunque persona normale.

Postato da cguccinelli il 19/12/2012 16:36

di Cristiana Guccinelli pubblicato su www.pluraliweb.cesvot.it “La più bella del mondo”, lo spettacolo che Roberto Benigni ha condiviso con oltre 12 milioni di telespettatori, è stato un “canto” dedicato a tutti coloro che hanno a cuore il bene comune, che mettono al centro la dignità della persona, i diritti, la partecipazione, l’uguaglianza. “Quando un giorno entrerà in vigore – ha detto Benigni - vivremo nello Stato migliore del mondo”. Con esempi di una chiarezza commovente ha parlato a tutti noi dei diritti inviolabili dell’uomo e dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, e ci ha accompagnati dietro le quinte di quel testo asciutto ed essenziale alla scoperta dei sentimenti dei quali è pervaso. Quello della solidarietà, per esempio. Quello del rispetto e della dignità della persona e della sua centralità. Quello dello sguardo lungo sul futuro, oltre noi, e quello del “sentirsi parte” di un tutto, protagonisti e responsabili della nostra vita e di quella degli altri. Curiosando oggi in internet qualcuno ha definito lo spettacolo “una lezione di cittadinanza attiva”. E’ stato un invito generoso, appassionato ed intelligente a riprendere in mano la politica, l’arte cioè di dare forma alla nostra vita. Dei singoli e delle comunità. Ha gridato, dalle parole dell’articolo 9, il senso profondo di una Repubblica che “ tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Perché è nel patrimonio artistico, nella lingua e nel paesaggio che risiedono la nostra memoria e la nostra identità e non può non interessarci la loro difesa. E poi, il diritto d’asilo, l’apertura al mondo, il rispetto delle minoranze e di tutti gli orientamenti sessuali fino ad un’accorata riflessione sulla violenza nei confronti delle donne: “una nazione si misura dallo stato sociale delle donne. Ora le si uccidono, è crimine contro l’umanità ed è la violenza dei vigliacchi”. Ed ancora il grido sulle condizioni dei carcerati. “Non è uno Stato civile quello che permette una condizione delle carceri come quelle che ci sono… Dobbiamo occuparcene, è pietà e solidarietà”, suggerisce Benigni “e i nostri padri costituenti sapevano bene cosa scrivere sulle carceri”. Una cavalcata senza fiato. Bellissima. Un artista al servizio delle cause che contano davvero. Un grande intellettuale. Un uomo di pace che, per questo, merita un riconoscimento che va al di là dei confini nazionali.

Postato da antonel il 19/12/2012 15:13

Grazie, dottor Vecchiato. Viste le premesse, anche su questo sito, delle scorse settimane, temevo una critica in ginocchio. Complimenti e tanto di cappello. Mi consenta, però, di dire quello che Lei non dice (o dice solo tra le righe) e cioè che NON È VERO che la nostra Costituzione siano la più bella del mondo. È uno sciovinismo provinciale. Basterebbe leggere i preamboli delle altre Costituzioni più celebri per impallidire. Tutto quell'enfasi sul lavoro e sui lavoratori, e non sull'uomo e sui cittadini, è chiaramente il risultato di due culture allora molto presenti e oggi sconfitte inesorabilmente dalla storia: il comunismo e il corporativismo. I cattolici si dividevano in due principali correnti di pensiero: gli eredi del corporativismo (Fanfani, ma anche Dossetti) e i “liberali" che però avevano a cuore la salvezza della Chiesa che, con l'allargarsi della Cortina di ferro e le promesse di cosacchi in piazza San Pietro, correva rischi che oggi possono apparire ridicoli, ma allora non lo erano. L'art. 7 fece digerire tante cose a De Gasperi & C. Per dirne una, nella Costituzione italiana non c'è un solo segno del pensiero di don Sturzo, che pure è stata la mente cattolica più lucida, coerente e concreta del XX secolo. Ha ragione, dottor Vecchiato, sui condizionamenti psicologici di allora: l'Italia non ha mai avuto un Governo democraticamente forte e autorevole per i timori (comprensibili, ma infondati) di un ritorno al fascismo. Però, per tutelare l'art. 7 si sono calpestate altre importanti conquiste liberali, come la scuola privata o il principio secondo il quale "tutto quello che non è espressamente proibiti è lecito". Principio che è il principale antidoto contro la corruzione. Grazie, comunque.

Postato da giggio il 18/12/2012 19:31

Grande Benigni. una lezione di alto livello e chi ha orecchie per intendere intenda (bossi e compagnia bunga bunga). Ma perchè doveva risparmiarsi le battute sull'intromissione del vaticano? Non sono forse vere? a cominciare da Pio XII con De Gasperi sino a Ruini e bertone con prodi, e l'ingerenza a tutto campo con i governi berlusconi. Non bisogna nascondere la testa sotto la sabbia bisogna avere il coraggio di ammettere gli errori anche se fanno male. L'attuale gerarchia non fa certo bene alla Chiesa con certe prese di posizione

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