26/09/2011
L'opera "Papaveri ai bordi della Versiliana".
Carlo Mattioli è senza dubbio uno dei grandi pittori italiani del ‘900, anche se a tutt’oggi, a 17 anni dalla morte, non gode della popolarità che merita. Forse non gli ha giovato il continuo confronto con un gigante come Morandi, emiliano e solitario come lui, anche se è difficile immaginare due artisti più lontani come linguaggio e come poetica, con in comune soltanto la dedizione assoluta alla disciplina dell’arte. La grande mostra che Città del Vaticano gli dedica nel centenario della nascita, nella sede prestigiosa del Braccio di Carlo Magno, suona in questo caso come una riparazione.
Per Mattioli questo è un ritorno. Giusto 34 anni fa, infatti, è stato uno dei protagonisti della mostra Gli artisti contemporanei a Paolo VI, che ha dato vita alla sezione d’arte contemporanea dei Musei Vaticani.
Sono esposte un centinaio di opere del pittore, nato a Modena ma vissuto sempre a Parma, per raccontare un itinerario artistico di grande spessore e coerenza, che guarda all’Espressionismo ma anche al Romanico padano, alla lezione di Rembrandt e a Goya.
Molte di queste tele appartengono alla collezione della figlia Marcella e della nipote Anna, che sono sempre state al centro della sua ispirazione.
«La storia della nostra famiglia è tutta qui», racconta Marcella Mattioli, che ci fa da guida. Vedere la mostra in un’ottica familiare è un’occasione in più per capire un artista dal carattere schivo ma ricco di sentimento, amico di poeti e intellettuali come Mario Luzi, Attilio Bertolucci e Roberto Longhi.
Ed ecco il ritratto della moglie Lina, la sua vera forza, anche la fase di arte sacra la deve a lei e alla sua carica di spiritualità».
Le prime prove, che richiamano ancora l’essenzialità e i colori di Morandi, e poi Mattioli diventa Mattioli, coi nudi che sembrano paesaggi, i notturni, l’esplosione del rosso dei papaveri e del giallo delle ginestre dopo la nascita dell’amatissima nipote Anna, protagonista di molte delle sue opere nonché del bellissimo autoritratto prestato alla mostra dalla Galleria degli Uffizi.
«Nel dipinto io sono in braccio al nonno ma è lui che sembra aggrapparsi a me, per uscire dal buio», spiega Anna Zaniboni Mattioli, «successivamente ha voluto dipingerne un altro, che a mio avviso è ancora più bello, per regalarmelo».
Il Crocifisso di San Mianiato al monte.
Chiudono la mostra il ciclo delle Aigues mortes e i dipinti di arte
sacra, col prestito eccezionale del grande Crocifisso di San Miniato al
Monte, con l’aureola simile a un sole rosso che è il rosso di Anna,
«perché per lui il rosso è il colore della vita e della speranza».
Il Cristo di San Miniato non è un intervento isolato.
«Mio padre era una persona generosissima, ci sono tante opere che lui
stesso ha donato nel più totale riserbo, sparse in chiese anonime di
periferia, un po’ in tutt’Italia», continua Marcella Mattioli.
Prima di morire Carlo Mattioli ha regalato 450 opere, di cui 40 olii,
allo Csac (centro studi e archivio della comunicazione) dell’Università
di Parma, una specie di testamento a favore dei suoi concittadini.
Purtroppo le sue tele e i suoi disegni giacciono ancora nei depositi. La
speranza è che la monografica di Roma, che sarà seguita nella prossima
primavera da una mostra sulle nature morte a Bologna, presso il Museo
Morandi, contribuisca a spingere le istituzioni parmigiane a trovare
finalmente una degna sistemazione per un simile patrimonio.
DOVE & QUANDO
La mostra Carlo Mattioli. Una luce d’ombra, è a Roma,
Città del Vaticano, Braccio di Carlo Magno, fino al 13 novembre. Orario
10- 18; Informazioni e prenotazioni: Artifex S.r.l. – comunicare con
l’arte, tel. 06/68.19.30.64; info@artifexarte.it.
Simonetta Pagnotti