05/06/2012
Lena Belkina nei panni di Cenerentola.
«Questa non è un’opera in TV, ma una favola televisiva con musiche di Rossini». Parola di Andrea Andermann, ideatore, produttore e demiurgo dell’operazione “Nei luoghi e nelle ore di...”. Dopo Tosca (a Roma), La traviata (a Parigi) e Rigoletto (a Mantova), è stata la volta della Cenerentola (a Torino e dintorni), andata in onda su Rai Uno il 3 e 4 giugno.
In effetti i conoscitori ed estimatori di questa deliziosa opera rossiniana, gradualmente divenuta nel dopoguerra un titolo classico del repertorio buffo, possono essere rimasti delusi dai dolorosi tagli (per esempio il mirabile duetto comico fra Don Magnifico e Dandini) che, nonostante la presenza di un consulente musicale del peso di Philip Gossett, hanno alterato l’equilibrio della partitura. In compenso molti saranno rimasti piacevolmente sorpresi dal bellissimo prologo animato inventato da Andermann per illustrare l’ouverture, nel quale si racconta l’infanzia di Angelina-Cenerentola, trasformata in un incubo dal patrigno Don Magnifico al posto della matrigna presente nella fiaba di Perrault.
Ancora l'attrice ucraina, questa volta in abiti sontuosi.
L’azione è stata ambientata nella cosiddetta Villa dei Laghi nel
Parco
della Mandria, suggestiva dimora del decaduto barone Don Magnifico,
e,
per la scena del ballo, nella splendida Palazzina di Caccia di
Stupinigi, dove impera uno scenografo d’eccezione, Filippo Juvarra. Il
lieto fine dell’opera è stato molto opportunamente allestito nella
sontuosa cornice di Palazzo Reale, in un tripudio di ori, specchi e
lampadari di cristallo.Gli interpreti sono stati scelti in modo da
conciliare le imprescindibili esigenze vocali dell’impegno virtuosistico
rossiniano con un’adeguata presenza scenica, stimolata dalla sobria e
mai prevaricante regia di Carlo Verdone, attento a conciliare il
versante patetico con quello dichiaratamente comico.
Su tutti ha brilato Lena Belkina, 24enne ucraina di Crimea,
sponsorizzata da Placido Domingo, bella figura e voce bene assortita,
tecnicamente impeccabile. Una nota di particolare elogio va alle due
sorellastre, Annunziata Vestri e Anna Kasyan, caratteriste spassose
poste poste in speciale rilievo da Verdone e affiancate dallo stralunato
Don Magnifico di Carlo Lepore. Rifinito il Principe Ramiro di Edgardo
Rocha e un po’ sbiadito il Dandini di Simone Alberghini, mentre
l’Alidoro di Lorenzo Regazzo, travestito da inquietante mago dai tratti
vagamente mefistofelici, esibiva un giustificato carisma non disgiunto
dal possesso di una tecnica tale da consentirgli di fare bella figura
nella sua difficile aria.
Il regista Carlo Verdone durante le prove.
Gianluigi Gelmetti, dal podio dell’Auditorium Rai di Torino, ha tenuto
saldamente in pugno le complicatissime operazioni tecniche,
riuscendo a
far sì che solisti, coro e orchestra andassero a tono. Il risultato
complessivo è stato buono, con momenti di autentica eccellenza, dando
alla fine ragione alle scelte di Andermann. A giovarsene, in ultima
analisi, è stata soprattutto Torino, le cui bellezze artistiche –
proposte nei ben 150 Paesi che hanno acquistato i diritti di diffusione –
hanno trovato, auspice Rossini, adeguata valorizzazione con un esito
promozionale di grande impatto.
Giorgio Gualerzi