Robert Redford: "Così sgrido l'America"

In The conspirator l’attore ora regista racconta l’assassinio di Lincoln. E di come i Nordisti violarono la Costituzione per condannare la madre di uno dei congiurati.

30/06/2011

«L’esperienza di un buon avvocato non serve a nulla contro chi cambia la legge a proprio piacimento». All’echeggiare in sala di queste parole lo spettatore sobbalza. Che nel buio si nasconda Antonio Di Pietro? Oppure che lo scontro tra il Pm Ilda Boccassini e Silvio Berlusconi sia arrivato fin sul grande schermo?

No, è solo fiction. A parlare, in tuba e panciotto, è Reverdy Johnson, senatore statunitense e giurista. Siamo nel 1865, pochi giorni dopo l’assassinio del presidente Abramo Lincoln a opera dell’attore sudista John Wilkes Booth. E il legale spiega al giovane allievo Frederick Aiken, eroe nordista appena tornato a esercitare l’avvocatura, perché debba accettare l’ingrato compito di difendere Mary Surratt, accusata di far parte del complotto.

The conspirator è il titolo del film che, alla sua uscita nelle sale americane, ha sollevato infastidite polemiche. Inevitabili, visto che suona come un monito: neanche la più grande delle democrazie può permettersi di derogare dal principio di giustizia in nome di presunti superiori interessi. Gli Stati Uniti lo fecero nell’800, col tribunale militare istruito per punire chi ordì l’attentato a Lincoln. Nel ’900, intorbidando le inchieste che avrebbero dovuto appurare la verità sugli assassinii dei fratelli Kennedy. Dopo il crollo delle Torri gemelle, con le menzogne che hanno trascinato l’Occidente alla guerra in Afghanistan e Irak, aggravate dalle inumane condizioni nel carcere di Guantanamo. E agli americani non piace essere bacchettati.

Neppure se a farlo è un’icona di Hollywood come Robert Redford, non solo attore straordinario (un Oscar e una valanga di titoli di successo come La stangata, Il grande Gatsby, Come eravamo, Butch Cassidy) ma anche regista sensibile (Gente comune, L’uomo che sussurrava ai cavalli) e personaggio impegnato: da sempre aperto sostenitore, dentro e fuori gli Usa, degli ideali liberal dei Democratici.

Ecco il trailer dell'ultimo film girato da Robert Redford, 74 anni:



«Mi spaventa un po’ ragionare sui parallelismi. Sapevo che il paragone con l’attualità sarebbe stato pericoloso, perché la gente avrebbe potuto etichettare il mio lavoro come di parte», osserva Redford rispondendo alla stroncatura del New York Times (mentre Time lo loda). «Il mio film non è né di destra né di sinistra: è soltanto il racconto di una personalissima vicenda umana».

Se The conspirator si apre con la suggestiva ricostruzione della sparatoria di cui fu vittima Lincoln e lo sguardo sulle penose condizioni dell’America insanguinata dalla Guerra di secessione, per il resto si sviluppa come un legal thriller coi fiocchi. Nel senso che sfoggia abiti ottocenteschi. È infatti l’appassionato racconto del giudizio militare cui fu sottoposta Mary Surratt, colpevole di essere la madre (non disposta a tradire) dell’unico congiurato sfuggito alla cattura. Una verità che piano piano si farà strada assieme alla consapevolezza delle pressioni del Governo Usa (tramite il ministro Stanton e il neopresidente Andrew Johnson) per una sentenza dura: capestro per tutti. Così sarà pure per Mary, a dispetto di labili prove e della strenua lotta del suo giovane legale. Bravi Robin Wright e James McAvoy nei panni dei protagonisti mentre Kevin Kline, Tom Wilkinson e Danny Huston danno spessore alle figure di contorno.

«Sono sempre stato attratto da storie di cui nulla si sa, nascoste tra le pieghe della grande cronaca», spiega il regista. «Prima di documentarmi sugli eventi che sconvolsero il Paese un secolo e mezzo fa, sapevo poco di Mary Surratt e dell’avvocato Frederick Aiken. Alla fine, mi sono sentito coinvolto e spinto a esplorare sia la teoria del complotto sulla fine di Lincoln (su cui concordano gli storici) sia il fragile confine tra sicurezza e giustizia. Tra la fretta di punire i colpevoli e il diritto di ogni imputato all’equo processo. Temi che oggi fan rumore. In America come altrove». Ecco il punto dolente, scomodo per troppi.

«Ma non mi ero prefisso di fare paragoni tra l’allora ministro della Guerra, Stanton, e Donald Rumsfeld. Né di suggerire dietro altri ruoli le azioni di George Bush o Dick Cheney », taglia corto Redford. «Resta il fatto che Mary Surratt fu la prima donna condannata a morte negli Stati Uniti. E che ciò avvenne in manifesta violazione della Costituzione».

Maurizio Turrioni
Preferiti
Condividi questo articolo:
Delicious MySpace

I vostri commenti

Commenta

Per poter scrivere un'opinione è necessario effettuare il login

Se non sei registrato clicca qui

tag canale

MODA
Le tendenze, lo stile, gli accessori e tutte le novità
FONDATORI
Le grandi personalità della Chiesa e le loro opere
CARA FAMIGLIA
La vostre testimonianze pubblicate in diretta
I NOSTRI SOLDI
I risparmi, gli investimenti e le notizie per l'economia famigliare
%A
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati