24/06/2011
Una scena corale de "I due Figaro".
Felice Romani trasse il libretto de I due Figaro, proseguimento ideale delle opere di Mozart e Rossini, da una commedia di Richaud Martelly. Posto in musica nel 1820 da Michele Carafa, il soggetto venne ripreso nel 1826 da Saverio Mercadante (1795-1870) per Madrid, dove però l’opera andò in scena solo nel 1835. Questo “melodramma buffo”, di cui si erano perse le tracce, viene ora proposto da Riccardo Muti per i Festival di Salisburgo e di Ravenna, nell’intento più vasto di rilanciare la figura e l’opera del prolifico musicista di Altamura.
Con I due Figaro sono dieci i titoli di Mercadante riportati alla luce in Italia da cent’anni a questa parte, a cominciare da Il giuramento, uno dei suoi capolavori riconosciuti. Il 1970 offrì l’occasione propizia per recuperare La vestale, che a suo tempo, in Italia, oscurò quella di Spontini; Il reggente, opera anticipatrice del Ballo in maschera di Verdi; Le due illustri rivali e Elisa e Claudio. Nel 1976 fu la volta, al Teatro dell’Opera di Roma, de Il Bravo: opera particolarmente ben riuscita sul piano formale, essa contiene un vasto e complesso concertato di fine atto che porta la struttura rossiniana alle estreme conseguenze.
Negli ultimi quarant’anni sono arrivati Caritea regina di Spagna (celebre un suo coro di stampo risorgimentale), Elena da Feltre e, nel 2008, Il Pelagio. Mercadante attraverso queste testimonianze (ma altre ci vorrebbero, pensiamo a I Normanni a Parigi), appare come figura fondamentale della transizione da Rossini al Romanticismo in una proiezione finale che guarda a Verdi, inteso in qualche modo come suo naturale precursore.
Giorgio Gualerzi