12/07/2012
Il press agent, Enrico Lucherini, in posa sulla passerella del Palazzo del Cinema a Venezia. (foto Ansa)
Cannes, maggio 1959: la spiaggia del Carlton è affollata dai festivalieri impegnati in un non frugale pranzo freddo. Mi aggiro tra i tavoli fingendo di cercare qualcuno: è il mio primo festival e così, da uomo senza identità, mi aggiro tra i tavolini dove i protagonisti del cinema commentano l’ultimo film prima di affrontarne un altro. A un certo punto sento delle risate e metto a fuoco un tavolino dove firme celebri della critica di celluloide pendono dalle labbra di un ragazzo sui trent’anni che sta raccontando quella che, oggi, definirei un Beautiful ante litteram.
La storia, ovviamente, è inventata, visto che si parla di intrecci amorosi tra Dino de Laurentiis e Carlo Ponti e le relative mogli-compagne Sophia Loren e Silvana Mangano. Poi sopraggiungono, inevitabilmente, Mastroianni, Visconti, Gassman, Tognazzi e persino Totò. L’intrigo è esilarante quanto paradossale e quel ragazzo con gli occhiali di tartaruga e una dialettica invidiabile sembra inarrestabile. Più tardi mi informo e scopro di aver messo a fuoco quello che gli addetti ai lavori chiamano già lo “stress agent”, Enrico Lucherini, che già da allora era il super eroe della promozione, che era spesso geniale, qualche volta gaglioffa, sempre giusta per il bersaglio da colpire.
Se ti occupavi di cinema dovevi passare sul suo corpo, perché sapeva tutto di tutti e poi sapeva lanciare un film con trovate che regolarmente credevi fossero la verità. Nel tempo siamo diventati amici. Qualche anno fa
Variety, la Bibbia dello showbizz mondiale era interessato a lanciare un’edizione italiana: mi convocarono a Londra e sembrava che tutto fosse deciso. Chiamai subito Lucherini e ci trovammo a Roma per parlare del progetto. Naturalmente era entusiasta, ma poi tutto sfumò e se mi è rimasto un rimpianto è quello di non esser riuscito lavorare con lui.
Lo stress agent che ora compie ottant’anni e annuncia il suo ritiro. Ma lo fa in grande stile allestendo a Roma Purché se ne parli, una mostra che ha come sottotitolo Dietro le quinte di 50 anni di cinema italiano, che aprirà il 12 ottobre all’Ara Pacis e resterà aperta sino a metà novembre. «Sarà - anticipa - un percorso ironico nella mia carriera in stile luna park-pop».
Da sinistra Pascal Vicedomini, Paolo Conticini, Olivia Magnani, Christian De Sica, Dolph Lundgren ed Enrico Lucherini al termine della conferenza stampa di presentazione del Festival di Ischia, oggi 6 luglio 2009 presso la sede della stampa estera a Roma (foto Ansa).)
Il suo curriculum straripa di memorabili definizioni: memorabile e perfida quella su Paolo Villaggio dopo una serie di flop cinematografici e la decisione dell’attore di passare al teatro: «Pesto alla genovese». Sorte ancora peggiore è toccata a Ornella Muti ed Eleonora Giorgi, una volta splendide ma che ora, dopo gli “aiutini” della chirurgia plastica, secondo Lucherini «sembrano uscire dagli Sgommati». Inesorabilmente perfido con Nicoletta Braschi, la moglie di Benigni: «A teatro è strepitosa, ma quando recita col marito diventa inguardabile».
Professionista dello slogan tranchant, restano indimenticabili alcune definizioni su titoli di film da lui opportunamente deformate. Dopo aver lavorato con Nanni Moretti in La Messa è finita, declamò «La mousse è finita». Pieraccioni ha sempre chiesto che fosse Enrico a promuovere i suoi film, e implacabile è arrivata la definizione: «Dialetto e castigo» a causa dell’accento risolutamente toscano del regista di Il ciclone. In verità per Pieraccioni si trattò di un’eredità, perché era già stata coniata per il grande Massimo Troisi.
Di solito i bersagli umani preferiscono riderci sopra, ma non tutti: Giuliana De Sio per esempio non ha preso bene la definizione «La Melato immaginaria», mentre Serena Grandi si fece una gran risata quando, modificando il titolo di un film dei fratelli Vanzina, divenne «Sotto il vestito gente». Il capolavoro di Kubrick Orizzonti di gloria ispirò a Lucherini una terribile definizione su De Laurentiis: «Orizzonti di boria», che ora ha trasferito a un altro tronfio produttore che non vuol nominare perché sostiene «si capisce benissimo a chi è dedicato».
Insieme al suo socio storico,
Matteo Spinola, ora scomparso, scrisse un libro,
Conta fino a dieci prima di parlare, una raccolta di “perle” pronunciate dalle dive del cinema. Leggendaria quella di
Laura Morante: «Io sono un’attrice che ama essere riletta prima di essere letta». Niente male anche «Non sono un’oca, sono solo un vamp incompresa» pronunciata da
Valeria Marini. «Una condanna, in strada gli uomini mi riconoscono solo dal fondo schiena» si lasciò sfuggire
Claudia Koll, la protagonista di
Così fan tutte.
Mentre curava le pierre della fiction
Rebecca convinse la protagonista (e sua grande amica)
Mariangela Melato a simulare un incendio sul set. Fiamme vere tanto che arrivarono i pompieri e il finto incidente divenne una notizia pubblicata un po’ da tutti.
Per
Roberto Benigni, noto per il suo attaccamento al denaro, coniò «L’onore dei prezzi», rielaborazione del titolo di un film di John Houston,
L’onore dei Prizzi, presentato a Venezia. Degna degli
Amici miei di Monicelli la sua burla quando fece coprire con pecette censorie i manifesti esposti sui muri che pubblicizzavano
Così fan tutte, un film di
Tinto Brass. Coprivano una parte del corpo volutamente messa troppo in evidenza e il giorno dopo arrivò a tutti i giornali che l’iniziativa era stata presa da un’associazione femminista che combatteva la mercificazione del corpo delle donne. Non era vero, a fare e disfare tutto era stato lui, lo stress agent.
Ma terribile - e se ne è pentito - il
bidone fatto a Oriana Fallaci quando,
d’accordo con Laurent Terzieff, fece credere alla scrittrice che l’attore francese fosse malato e Oriana dopo l’intervista confezionò lo “scoop” per
L’Europeo. Tra l’altro Terzieff, che stava benissimo, è scomparso solo due anni fa.
Ottant’anni il prossimo otto agosto, Enrico lascia il cinema. Prima però dovrà occuparsi di
La migliore offerta di
Giuseppe Tornatore e di
Storia mitologica della mia famiglia di
Daniele Lucchetti, due impegni presi in precedenza. Ma poi lo farà davvero? Comunque bisognerebbe almeno dedicargli un film. Basterebbe fargli raccontare come gettò benzina sul fuoco della rivalità tra la Lollobrigida e la Loren. E convincerlo finalmente a rivelare se, come racconta la leggenda, fu lui a suggerire a
Fellini: «Buttala nell’acqua». E così sarebbe nata una delle scene più famose della storia del cinema:
Anita Eckberg a mollo nella fontana di Trevi.
Gigi Vesigna