Così Rossini fa ricca Pesaro

Mentre "Matilde di Shabran" riscuote grandi consensi, è stato dimostrato che la rassegna dedicata a Rossini ha portato turismo e ricchezza alla città e al territorio.

15/08/2012
Olga Peretyatko e Juan Diego Flórez in una scena di "Matilde di Shabran" (foto Studio Amati Bacciardi).
Olga Peretyatko e Juan Diego Flórez in una scena di "Matilde di Shabran" (foto Studio Amati Bacciardi).

Per quanto la crisi non abbia risparmiato la vita musicale, l’apporto dell’iniziativa privata unito a quello, fondamentale, delle istituzioni pubbliche ha fatto sì che il Rossini opera festival si confermasse elemento capace di fornire un significativo contributo allo sviluppo turistico della città di Pesaro e dell’intera provincia e alla creazione di ricchezza per il territorio. Lo hanno confermato studi specifici svolti dagli enti locali.

Puntuale quindi il suo appuntamento di agosto: dodici recite equamente distribuite in quattro cicli di tre opere ciascuno, ravvicinate fra loro. Equilibrato il programma: il Ciro in Babilonia del giovanissimo Rossini supportato dalla farsa Il signor Bruschino, con in mezzo il piatto forte (11, 14, 17, 20 agosto) costituito da Matilde di Shabran, per la terza volta presente al Festival. Un ritorno quanto mai opportuno, poiché ha consentito, accanto alla denuncia dei limiti strutturali connaturati alla sua essenza di opera “semiseria”, di restare ammirati dalla straordinaria ricchezza dell’invenzione melodica combinata con la fondamentale energia ritmica, e, sul piano scenico, con il divertente svolgimento della paradossale vicenda.

Un’auspicata maggiore frequenza delle rappresentazioni di quest’opera
è tuttavia subordinata al verificarsi di due fatti: una consistente riduzione della durata (il solo primo atto equivale quasi all’intero Barbiere di Siviglia) e la disponibilità di una compagnia di canto del livello raggiunto a Pesaro.

Ancora Flórez, a sinistra, con Paolo Bordogna (foto Studio Amati Bacciardi).
Ancora Flórez, a sinistra, con Paolo Bordogna (foto Studio Amati Bacciardi).

Vi figuravano infatti quattro elementi di primissimo piano: il soprano russo Olga Peretyatko, di grande impatto scenico-vocale, alla quale necessita soltanto una migliore rifinitura dell’emissione per essere perfetta; il baritono Nicola Alaimo, degno nipote del grande Simone nel curare il versante comico del personaggio; il “buffo” Paolo Bordogna, nella fin troppo ridondante parte del poeta Isidoro; e infine, su tutti, Juan Diego Flórez (già ammirato protagonista delle precedenti edizioni del 1996 e 2004), efficacissimo come attore e come cantante, infallibilmente discorsivo nel controllo dell’esaltante registro acuto che lo avvicina nel ricordo al Filippeschi degli anni Cinquanta (non a caso nel 2013 Florez sarà il punto di forza del previsto Guillaume Tell).

Adeguati gli altri membri della compagnia, che occorre nominare singolarmente per l’elevato contributo offerto. Anna Goryachova (una cantante sicuramente destinata a fare parlare di sé), Marco Filippo Romano, Simon Orfila, Giorgio Misseri, Chiara Chialli (eccellente attrice, ma come cantante il solo punto relativamente debole della compagnia). Impeccabile deus ex machina musicale è stato Michele Mariotti, confermatosi direttore di solida preparazione e di una maturata efficienza professionale, che può guardare a sempre più alti traguardi. Il collaudato impianto scenico di Sergio Tramonti ha trovato nella regia di Mario Martone il brillante punto di fusione indispensabile a propiziare il felicissimo esito di questa bentornata Matilde di Shabran.

Info: www.rossinioperafestival.it

Giorgio Gualerzi
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Postato da Andrea Annibale il 16/08/2012 16:10

Spinto da questo articolo di Famiglia Cristiana e dato che di Gioacchino Rossini posseggo solo una breve Ave Maria per voce e pianoforte, ho acquistato due piccoli capolavori della musica sacra: la Petite Messe Solennelle e lo Stabat Mater. La prima sembra una barchetta di carta sospinta da un bambino audace sulle onde del pianoforte, con deliziosi crescendo di voci maschili e femminili. Leggera, modernissima, quasi scherzosa ma mai irrispettosa. Deliziosa all’udito. Lo Stabat Mater, che istintivamente paragono a quello di Giovan Battista Pergolesi non potrebbe essere in realtà più diverso. Quello di Rossini è tempestoso, anzi alterna momenti di calma a momenti di tempesta, è mozartiano specialmente nell’ultima traccia (Amen. In Sempiterna Saecula). Maestoso e soave si fa ascoltare con grande piacere. Facebook: AAnnibaleChiodi; Twitter: @AAnnibale.

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