06/05/2011
Gio Ponti
Gio Ponti coniava molti aforismi. Uno di questi era: «L’italia l’han fatta metà Iddio e metà gli architetti». Parafrasandolo, si potrebbe dire che solo la città di Milano, per esempio, l’ha costruita metà lui, firmando oltre sessanta progetti, dalla sede Rai al Pirellone, ai palazzi di piazza San Babila, alla sede della Montecatini. Eclettico onnivoro, nato nel 1891 e morto nel 1979, designer, architetto, sperimentatore, fondatore e direttore di riviste tra cui Domus, oggi torna al centro di una doppia antologica divisa tra la Triennale e il Pirellone, due sedi simbolo di Milano.
Il grattacielo Pirelli a Milano.
Pezzi unici e oggetti destinati all’arredo borghese. Richiami alla
cultura etrusca e tentazioni futuriste. Ricerca di forme innovative e
ritorno alla tradizione: c’è tutto questo nella produzione di ceramiche
che Ponti ha realizzato tra il 1923 e il 1930 per la Manifattura Richard Ginori
di cui era direttore artistico. Il maestro allora nutriva la produzione
industriale in un vero e proprio laboratorio delle arti. Nello
stabilimento milanese di San Cristoforo si studiavano i decori, si
stilizzavano i marchi, si calibrava la grafica dei cataloghi. Dalle
piastrelle agli studi per bomboniere, ai servizi da tavola, Ponti
abbozzava un disegno e lo passava ai collaboratori che ne stabilivano
dettagli, proporzioni, decori. Così, correzione su correzione, si
concretizzava l’idea, dando origine a quei capolavori d’arte di cui una
vasta selezione dal 6 maggio al 31 luglio è raccolta nella bella mostra Il fascino della ceramica, curata da Dario Matteoni, nel grattacielo Pirelli progettato
nel 1950 proprio dall’architetto milanese. È un percorso che
restituisce l’attività del giovane designer affascinato dal movimento novecentista di Mario Sironi prima della svolta razionalista della Facoltà di Matematica (1934) della Sapienza di Roma.
Coppa Donatella.
La sua lunga biografia è intrecciata con la vita della Triennale di Milano:
entrambi nascono negli anni Venti, crescono negli anni Trenta,
raggiungono un successo internazionale nel dopoguerra, durante il boom
economico. Quando le bombe cadevano su Milano, Ponti scriveva della
necessità di ricostruire subito la città in maniera moderna, chiamando
gli artisti di tutte le arti a collaborare. Innamorato dell’Italia,
inventò il concetto del made in Italy, come testimonianza dell’eccelleza
creativa del Paese. E gli stranieri furono incantati dalla sua
creatività che vedevano come un segno di quell’affascinante stravaganza
che in passato aveva fatto grande l’arte italiana nel mondo. Ora la
Triennale, tempio del design, lo celebra con la mostra Espressioni di Gio Ponti. Il titolo è lo stesso che il maestro diede a un suo libro, uscito nel 1954, un’autobiografia per immagini.
Villa Planchart, Caracas, 1955.
Disegni e dipinti, ceramiche e maioliche, mobili e modelli di
architettura, schizzi e oggetti restituiscono settant’anni della sua
ricerca. La scelta del curatore Germano Celant sembra preferire
un approccio capace di restituire le molteplici attività di Ponti,
incrociando temi senza tempo. Attraverso un allestimento dello studio
Cerri e Associati, foto, modelli e prospetti rievocano le linee
dinamiche delle strutture del maestro dai materiali inediti, tra cui
quelle della Montecatini (1936-1938), un palazzo gigantesco per
l’epoca, metafisico con la sua facciata a filo di marmo, o la lama di
vetro del grattacielo Pirelli (1956-1961), formato da due valve
accostate, non saldate, attraversate dalla luce. Molte sue soluzioni
“aperte” anticipano le ricerche dei Decostruttivisti. Nella chiesa di San Francesco,
la facciata non si salda alle pareti laterali: la sera sembra
fluttuare; un disegno ripreso anche nella cappella dell’ospedale San
Carlo. Ma il capolavoro della sua architettura religiosa è la cattedrale Gran madre di Dio a Taranto “traforata come un pettine spagnolo, uno scheletro leggerissimo”.
Innumerevoli le commissioni internazionali che lo consacrano oltreoceano, dalla villa Planchart di Caracas (1953-1957), emblema della dimora moderna, alla cattedrale di Los Angeles, al Denver Art Museum
(1971). Una delle sue opere newyorkesi più interessanti è una piccola
architettura poggiata sul tetto-terrazza del corpo più basso del Time and Life Building
(1959). L’intervento di Ponti, contemporaneo all’inaugurazione
dell’edificio, è un tocco di stile italiano. Una capsula, per contenere
un auditorium, decorata con geometrie triangolari, che rinviano alla
forma pura del diamante, amatissima da Ponti.
Triennale di Milano, da venerdì 6 maggio a domenica 24 luglio. Info 02/72.43.40
Palazzo Pirelli, Milano - da venerdì 6 maggio a domenica 31 luglio. Info 0541/78.76.81