21/11/2012
Il regista Ken Loach (Reuters).
Un’ombra vela il fascio di
luce dei riflettori sulla grande festa per la 30° edizione del Torino
Film Festival (TFF), che aprirà i battenti venerdì prossimo con la
serata di gala per l’americano Quartet (debutto alla regia di Dustin
Hoffman) e calerà il sipario sabato 1° dicembre con la proiezione del
britannico Ginger & Rosa (di Sally Potter).
Il regista Ken Loach,
contrariamente a quanto annunciato ufficialmente, non ci sarà. L’ospite più
atteso e prestigioso era stato invitato da Gianni Amelio, direttore del
festival, per ricevere (assieme a Ettore Scola) il Gran Premio Torino
“riconoscimento assegnato ogni anno – si legge nella motivazione ufficiale – ai
cineasti che dall’emergere della Nouvelle Vague in poi hanno contribuito al
rinnovamento del linguaggio cinematografico, alla creazione di nuovi modelli
estetici, alla diffusione delle tendenze più significative”.
Tutto pronto a Torino per accogliere
lunedì 26 in pompa magna Ken il rosso, così soprannominato nel mondo del cinema
per la costanza con cui lui, figlio di operai, ha sempre raccontato nei suoi
film le condizioni di vita e le lotte quotidiane dei lavoratori, degli ultimi,
dei poveri, degli indifesi (Riff Raff, Ladybird Ladybird, La canzone di
Carla, My name is Joe, Bread and roses). Senza scadere però nella banale
propaganda bensì elevando il cinema d’impegno civile a vera e propria arte, ad
appassionante spettacolo di valori e di sentimenti al punto da essere più volte
premiato dalla Giuria Ecumenica di Cannes (per Terra e libertà nel 1995
e Il mio amico Eric nel 2009) oltre a ricevere quest’anno alla Mostra di
Venezia il Premio Robert Bresson assegnato dalla Fondazione Ente dello
Spettacolo (massima espressione dello sguardo cattolico sul mondo del cinema).
Il prestigioso premio alla carriera
offertogli dal Torino Film Festival avrebbe fatto da lunedì bella mostra di sé
nella bacheca del regista accanto alla Palma d’oro vinta a Cannes nel 2006 per Il
vento che accarezza l’erba e i Prix du Jury vinti sempre sulla Croisette
per Hidden Agenda, Piovono pietre e con La parte degli angeli
proprio nel maggio scorso. Anzi, l’anteprima italiana della nuova pellicola
sarebbe stata il pezzo forte della manifestazione torinese voluta dal Museo
Nazionale del Cinema.
Ken Loach,
invece, all’ultimo momento ha dato forfait. Ma non per qualche capriccio
divistico o le solite incomprensioni organizzative. La motivazione, spiegata
dallo stesso regista oggi in una lettera aperta, è un vero pugno nello stomaco
per gli organizzatori del festival torinese.
“E’ con grande dispiacere che mi trovo
costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film
Festival”, si legge nella nota. “Un premio che sarei stato onorato di ricevere
, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film… Tuttavia, c’è un
grave problema ossia la questione della esternalizzazione dei servizi che
vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è
il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i
salari e taglia il personale… A Torino sono stati esternalizzati alla
Cooperativa Reari servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del
Cinema. Dopo tagli degli stipendi i
lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone
sono state licenziate… Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo
argomento: Bread and roses. Come potrei non rispondere a una richiesta
di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi
battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche
commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire
una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni. Per questo motivo,
seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio”.
A Torino, nel quartier generale del
festival nei pressi dell’Auditorium Giovanni Agnelli, è piombato il gelo.
Nessuno ci aveva pensato, nessuno se lo aspettava. Eppure, la scomoda integrità di Ken Loach è proverbiale. Hanno fatto spesso notizia le sue pubbliche prese
di posizione su temi sociali, economici e politici. Ne sanno qualcosa al 10 di
Downing Street e non solo quando al governo c’era la lady di ferro, Margareth
Thatcher, nemica giurata dei minatori britannici (difesi da Loach) ma anche
quando ci ha messo su casa il laburista Tony Blair (attaccato per aver
accettato di condividere con gli americani la responsabilità della guerra
all’Irak).
Passa nemmeno un’ora ed ecco, sempre
on-line, la replica degli organizzatori. “Con grande dispiacere, prendiamo atto
del comunicato stampa con il quale Ken Loach rifiuta il premio assegnatogli dal
Torino Film Festival”, recita il comunicato ufficiale. “A maggior ragione, ci
dispiace di constatare che un grande regista, al quale va da sempre la nostra
ammirazione, sia stato male informato al punto da formulare riserve su
comportamenti del Museo Nazionale del Cinema che non corrispondono in alcun modo
alla realtà dei fatti. Ricordiamo che il contratto di assegnazione dei servizi
di vigilanza e pulizia alla Mole Antonelliana è stato stipulato a norma di
legge… Il Museo non può essere ritenuto responsabile dei comportamenti di
terzi, né direttamente né indirettamente. Di conseguenza, non sarebbe in alcun
modo legittimato a intervenire nel merito di rapporti di lavoro fra i soci di
una cooperativa esterna e la loro stessa società”.
Come dire: noi abbiamo fatto le cose in
regola, che colpa abbiamo se poi sono gli altri a sfruttare i lavoratori?
Argomentazione debole e alquanto ipocrita. Addirittura ridicola se si scorre la
lettera aperta inviata da Loach in cui il regista, aspettandosi questa
obiezione, aveva preventivamente scritto: “In questa situazione,
l’organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve
assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste
sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo dialogasse con
i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori
licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione. Non è giusto
che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non
sono responsabili”.
Quindi 2 a 0
e per l’Inghilterra e palla al centro. Hai voglia a consolarti col 3 a 0
inflitto giusto ieri dalla Juventus al Chelsea: quello è calcio (di cui tra
l’altro Ken Loach è tifoso) ma questa è vita vera. Immaginiamo pure le facili
obiezioni di qualcuno: ma chi si crede di essere questo qui che ci viene a fare
lezioni? E perché, invece, ha accettato i premi che gli hanno dato Cannes e
Venezia come se nei loro cantieri gli addetti non venissero sfruttati ?
Sinceramente, noi non sappiamo se sia così. Ma non è il caso di fare dello
sciovinismo. Quel che è certo, invece, è che il problema denunciato da Ken
Loach a Torino è drammaticamente reale per le famiglie di tanti lavoratori. Si
dice sempre che il cinema serva per fuggire dalla realtà di tutti i giorni, per
volare oltre con la fantasia. Ogni tanto, per fortuna, è anche lo strumento per
portare la realtà sotto la luce dei riflettori.
Maurizio Turrioni