Arabia, la rivoluzione su due ruote

"La bicicletta verde", al cinema dal 6 dicembre, è stato girato da Haifaa Al-Mansour, la prima regista donna in un Paese dove alla popolazione femminile è vietato guidare.

01/12/2012
La locandina del film "La bicicletta verde". Nella foto di copertina: una scena del film (entrambe Webphoto).
La locandina del film "La bicicletta verde". Nella foto di copertina: una scena del film (entrambe Webphoto).

"La rivoluzione si fa se c’è una ragazza sul sellino": è il messaggio che arriva dal film La Bicicletta verde, presentato al Festival di Venezia con il patrocinio di Amnesty International e nelle sale italiane dal 6 dicembre. Con la regia di Haifaa Al-Mansour, racconta la storia avvincente di una bambina saudita intenta a sfidare le tradizioni imposte dalla sua cultura. Wadjda, 10 anni, vive in un sobborgo di Riad, la capitale dell’Arabia Saudita. Adora divertirsi, è intraprendente e si spinge sempre un po' più in là nel cercare di farla franca. Dopo un litigio con il suo amico Abdullah, un ragazzo del vicinato con cui non potrebbe giocare, la bambina vede una bella bicicletta verde in vendita.


Wadjda desidera disperatamente la bici per battere Abdullah in velocità, ma sua madre non le concede una simile "diavoleria", poiché teme le ripercussioni di una società che considera le biciclette un pericolo per la virtù delle ragazze; così Wadjda decide di provare a recuperare i soldi da sola. Giusto nel momento in cui sta per perdere la speranza nei suoi progetti di guadagno, viene a sapere di un premio in denaro per una gara di recitazione del Corano. Si dedica allora completamente alla memorizzazione e recitazione dei versi coranici, e le sue insegnanti cominciano a vederla come una ragazza pia. La gara non sarà facile, specialmente per una "combinaguai" come Wadjda, ma la bambina è determinata a combattere per i suoi sogni... Ecco un trailer del film:

La regista araba Haifaa Al-Mansour (foto Agf).
La regista araba Haifaa Al-Mansour (foto Agf).

«Il film non racconta una grande storia, bensì una piccola: la storia delle emozioni provate da alcuni dei protagonisti, una bambina e sua madre, e le vite dei personaggi all’interno della società», spiega la regista Haifaa Al Mansour, «infatti non credo che la gente voglia vedere un film come una lezione, ma vivere un'avventura che sia toccante e d'ispirazione». La sua stessa biografia professionale ha punti in comune con la battaglia di Wadjda: Haifaa è la prima donna regista in un Paese in cui le sale cinematografiche sono vietate e in cui è difficile trovare donne e ragazze disposte a stare in pubblico per essere riprese. Racconta: «Occasionalmente dovevo scappare a nascondermi nel furgone di produzione, in alcune aree più tradizionaliste dove le persone avrebbero disapprovato una regista donna che svolge il lavoro assieme ad un set dove lavorano tutti uomini. Qualche volta ho tentato di dirigere da dentro il furgone attraverso l’uso di un walkie-talkie, ma mi sentivo frustrata e alla fine uscivo per dirigere di persona».

Non sono mancate anche le minacce di morte. La condizione femminile è sempre al centro del suo film, che descrive come migliaia di bambine, ragazze e donne saudite vedano negati i loro diritti fondamentali. Quando sarà grande, Wadjda, che tanto ha lottato con successo per avere una bicicletta, non sappiamo se avrà uno dei più importanti diritti: quello di muoversi liberamente. Diritto che, come mostra “La Bicicletta verde”, viene negato da una legislazione assurda, che impedisce alle donne di mettersi al volante. Nel 1990, 40 donne salirono in auto e guidarono lungo una delle strade principali della capitale Riad per sfidare la tradizione che imponeva loro di non guidare. Furono fermate, alcune di loro persero il lavoro e la loro azione venne per anni stigmatizzata nei sermoni religiosi e nei circoli sociali.

L'anno successivo il Gran Muftì, la massima autorità religiosa del paese, emise un editto contro le donne al volante, seguito da un provvedimento formale adottato dal ministero degli Interni che vietava alle donne di guidare da sole. Nel 2011 è finalmente arrivato qualche segnale di apertura: il re Abdullah ha annunciato che le donne avrebbero avuto, a partire dal 2015, il diritto di votare e di candidarsi alle elezioni municipali. Tuttavia, alle donne è tuttora proibito viaggiare, avere un lavoro retribuito, accedere all'istruzione superiore o sposarsi senza l'autorizzazione di un uomo che ha la potestà su di loro. 

Stefano Pasta
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