12/01/2011
        
        
            Sanremo nei giorni del Festival.
         
        
        
            
            C’è mezza Italia che si affanna a trovare spunti per celebrare i primi 150 anni della sua unità, e l’altra metà che, francamente, se ne infischia. Nella prima c’è Sanremo che dedicherà la serata di giovedi 17 febbraio a una passerelladi canzoni che dovrebbero raccontare il nostro Paese riproponendo una colonna sonora che, c’è da giurarlo, accontenterà qualcuno e scontenterà parecchi.
 
    Ciascuno di noi, infatti, ha nel cuore, nella memoria, nella vita, una musica che ha segnato momenti belli e indimenticabili, e, probabilmente, quella canzone nelle 14 scelte da Gianni Morandi non c’è, ma non è colpa di Morandi. Proprio per questo proponiamo agli utenti di Famigliacristiana.it di giocare un po' con Sanremo e con l'Unità d'Italia: 
 e potrai 
modificare a piacere il programma del Festival, togliendo le canzoni che non rappresentano la storia, musicale e non, d'Italia e inserendone altre di tuo gusto.
    Ma quale Italia ci racconta questa serata sanremese che si autodefinisce “Nata per unire”? C’è quella antica delle ballate popolari, alcune addirittura antecedenti l’unità, come 
Addio mia bella addio diventata poi una specie di saluto dei soldati che, dalla Sicilia al Veneto, partivano per la Grande guerra; e c’è l’Italia del fascismo, sfiorata da 
Mille lire al mese traguardo allora ambito dalla classe media, quella che oggi viene definita “generazione mille euro” ma non arriva a fine mese. C’è l’Italia mammona che si innamora di un film e di una canzone, 
Mamma, cantata da 
Beniamino Gigli e c’è quella di 
Giuseppe Verdi di 
Va’ pensiero (ma non è ardito considerarlo una canzone?). Quella sinceramente retorica de 
L’Italiano di 
Cutugno e quell’altra, meno emotivamente coinvolgente, di 
De Gregori con la sua 
Viva l’Italia. 
    Tante Italie che si sforzano, spesso invano, di essere una sola. Poi, improvvisamente, la colonna sonora si ferma al 1983, non valica il terzo millennio. Forse non abbiamo più voglia di cantare. Ma“dobbiamo” farlo.
            
        
                      
    
        Gigi Vesigna