Miyazaki, il suo cartoon "italiano"

Con 18 anni di ritardo, rispetto all’uscita in altri Paesi, approda finalmente nelle sale italiane "Porco Rosso", splendido cartone del maestro dell’animazione Hayao Miyazaki noto per titoli come La città incantata (valsogli l’Orso d’oro a Berlino e un Oscar), Il castello errante di Howl (Leone d’oro alla carriera a Venezia), Principessa Mononoke, Ponyo.

    Prima di raggiungere la fama anche in occidente Miyazaki, 69 anni portati con brio, aveva già firmato numerosi successi collaborando a famose serie animate per la Tv (Heidi, Dagli Appennini alle Ande, Anna dai capelli rossi, Lupin III) e realizzando con il suo Studio Ghibli alcuni lungometraggi di rara bellezza, rimasti a lungo inediti da noi: Il mio vicino Totoro (anche questo uscito in ritardo), Laputa, Kiki consegne a domicilio e appunto Porco Rosso, forse il suo capolavoro più eccentrico.

    L’ambientazione è quella, elegante, degli Anni Venti in Italia. Mentre i pionieri dell’aviazione militare controllano i cieli e il governo fascista tiene sotto scacco il Paese, nei cieli dell’Adriatico si combattono epiche battaglie tra gli idrovolanti dei pirati dell’aria e i biplani di spericolati cacciatori di taglie. Il più coraggioso, ammirato e temuto è Porco Rosso, soprannome che gli deriva dal colore vermiglio del suo velocissimo apparecchio e dalle strane sembianze (simili a quelle di un suino) che ha assunto dopo essere sopravvissuto a una terribile battaglia aerea della Prima Guerra Mondiale.

    Com’è rimasto vittima di quell’incantesimo? Cosa lo lega alla bella Gina, cantante che gestisce un albergo-tabarin su un’isola della Laguna veneta? Come potrà sfuggire alla caccia nei cieli dell’americano Curtis, mercenario assoldato dai pirati? E come a quella condotta per le strade e i navigli di una Milano operaia dalla polizia fascista? Chiave di tutto sarà un’altra donna, la giovane Fio, anche lei appassionata di aeroplani ma nel senso che li progetta e costruisce. Avventura mozzafiato, che cattura grandi e piccini trasportandoli in una dimensione onirica e picaresca, alle calcagna di un eroe solitario che ha tutto il fascino del miglior Humphrey Bogart.