01/11/2011
Monica Vitti in "L'avventura" di Michelangelo Antonioni.
Quando nel 1988 Le Monde annunciò in prima pagina la sua morte, Monica Vitti si limitò a ringraziare i responsabili per quella gaffe che le «avrebbe allungato la vita». È stato così: per fortuna la grande attrice è ancora fra noi, tanto che il 3 novembre compie 80 anni.
Sembra impossibile che ne abbia così tanti: l’immagine che tutti abbiamo di lei è quella di una donna ancora bellissima e sorridente, così come apparve nel 1995 a Venezia per ricevere il Leone d’Oro alla carriera con il suo grande amico Alberto Sordi. Nessuno l’ha vista invecchiare, tranne Roberto Russo, il fotografo-regista che le sta accanto da 38 anni e che ha sposato nel 2000. In quell’anno partecipò al funerale di Vittorio Gassman e da allora Monica non è più apparsa in pubblico: la malattia, il morbo di Alzheimer che già undici anni fa l’aveva colpita, la costringe al silenzio.
Solo in un’occasione l’ha rotto. Il 13 febbraio 2011, durante la manifestazione “Se non ora, quando?”, per la difesa della dignità delle donne, ha affidato un messaggio all'attrice Angela Finocchiaro: «Le donne mi hanno sempre sorpreso. Le donne sono forti e hanno la speranza nel cuore e nell’avvenire». Non poteva mancare, lei che più di ogni altra attrice è stata il simbolo dell’emancipazione femminile.
Negli anni Sessanta del boom economico, con i film diretti dal suo compagno di vita di allora Michelangelo Antonioni, da L’avventura a Deserto rosso, la Vitti incarnò un modello di donna diverso dall’angelo del focolare dell’immaginario collettivo, una donna che non si accontenta dei nuovi simboli del benessere, della Tv e della lavatrice, ma sa esprime il disagio per una nuova identità da conquistare nel segno della parità del rapporto con l’uomo.
In breve, diventa la diva dell’incomunicabilità e dell’alienazione e certe sue battute scatenano feroci ironie come il «Mi fanno male i capelli» nel Deserto rosso. Più tardi, lei stessa ricorderà: «Mentre lo giravo, mi domandavano: “Ma è vero che le fanno male i capelli, come nel film?” “Sì”, rispondevo, “ma solo il mercoledì e il giovedì”».
Monica Vitti in "La ragazza con la pistola" di Mario Monicelli.
L'intuizione di Monicelli
Com’era accaduto per Vittorio Gassman, fu Mario Monicelli a intuire che dietro quegli sguardi tormentati si nascondeva una carica comica irresistibile. E così nel fatidico 1968 Monica diventò La ragazza con la pistola: tutta vestita di nero, con lunga treccia anch’essa nera, perfetto archetipo della “donna d’onore” siciliana, parte per l’Inghilterra per lavare con il sangue l’onta del seduttore che l’ha abbandonata, ma una volta giunta Oltremanica scopre il sapore della libertà (lei che all’inizio del film implorava il “suo” Vincenzo Macaluso: “Cosa me ne faccio della libertà? Io incatenata a te voglio stare!”) e finisce per legarsi a un gentleman inglese.
Insomma, cambia il registro, dal drammatico al comico, ma non la sostanza del personaggio: quello di una donna che non accetta alcun complesso di inferiorità nei confronti dell’uomo. Monica lo dimostrerà negli anni successivi, quando diventerà la regina della commedia all’italiana, recitando con tutti i più grandi interpreti dell’epoca, da Sordi a Gassman a Tognazzi, mai accontentandosi però nel ruolo di semplice “spalla”. È sempre coprotagonista e a volte addirittura ruba la scena ai divi di turno come capita in Dramma della gelosia di Ettore Scola, dove la fioraia Monica fa perdere la testa al muratore Marcello Mastroianni e al pizzaiolo Giancarlo Giannini. Proprio con questo film, unito aScandalo segreto, l’unica pellicola diretta dalla Vitti nel 1989, la Mostra del Cinema di Roma le renderà omaggio insieme con la mostra fotografica “Monica e il cinema”.
Lei non ci sarà, ma non ci sarà nemmeno suo marito Roberto che ha scelto di condividere con lei quest’isolamento assoluto. Chissà come festeggeranno il suo compleanno. Forse, nella loro casa romana a due passi da piazza del Popolo, ascolteranno La donna cannone, che Francesco De Gregori scrisse nel 1983 per Flirt, il primo film che girarono insieme: «E con le mani amore, per le mani ti prenderò e senza dire parole nel mio cuore ti porterò. E non avrò paura se non sarò bella come dici tu, ma voleremo in cielo in carne ed ossa, non torneremo più…».
Eugenio Arcidiacono