18/04/2013
Carmela Remigio (a sinistra) e Mariella Devia.
Gli spettatori accorsi in massa – da Bologna e altrove – al Teatro Comunale ricorderanno a lungo questa edizione di Norma, presentata nell’allestimento storico firmato da Federico Tiezzi con i bozzetti di Mario Schifano.
È stato un evento piuttosto singolare nell’attuale panorama operistico. L’eccellente maestro Michele Mariotti ha scelto di eseguire, al posto di “Ah del Tebro al giogo indegno”, l’aria per basso e coro maschile “Norma il predisse”, scritta da Wagner nel 1839 (una curiosità in cui si avverte il clima che stava accompagnando la gestazione di Rienzi); soprattutto, ha voluto adottare la soluzione originale prevista da Bellini, cioè affidare le parti di Norma e Adalgisa a due voci di soprano, che hanno offerto prove superlative.
L’ultrasessantenne Mariella Devia ha dunque realizzato un sogno da tempo fermamente coltivato, superando se stessa con una prestazione dove magistero tecnico e approfondimento stilistico si sono mirabilmente fusi nella tenace consapevolezza di riuscire a ovviare alla scontata carenza di spessore vocale con una maggiore espressività dell’accento. È un obiettivo felicemente raggiunto con uno sforzo di sorprendente credibilità soprattutto nel secondo atto. La Devia ha colto così la più luminosa delle vittorie di una luminosissima carriera, che il pubblico bolognese ha salutato con un entusiasmo d’altri tempi. Allo stesso modo, l’Adalgisa di Carmela Remigio mi è sembrata eccezionale – tanto vocalmente (magistrali i duetti con Norma) quanto scenicamente – nel tracciare un profilo credibile della giovane sacerdotessa, confermando di essere una delle pochissime cantanti italiane di rango internazionale.
La scelta di Pollione, dopo la scomparsa di Corelli e Del Monaco, è divenuta una specie di terno al lotto. Il tenore venezuelano Aguiles Machado, dotato di un solido registro acuto di cui non dovrebbe però abusare, ha cercato nei limiti del possibile di corrispondere alle esigenze dello scomodo personaggio. Presenza scenica imponente e voce poderosa, il russo Sergej Artamonov, se riuscirà a ridurre certa rozzezza tipica dei bassi slavi, potrà divenire un Oroveso di sicuro riferimento.
Giorgio Gualerzi