08/09/2012
La formella con le storie di Noè dopo il restauro.
Dopo 26 anni torna alla luce la Porta d’oro del Paradiso, la più bella delle tre porte del Battistero di Firenze (il “bel san Giovanni” di Dante), quella rivolta a Est verso la facciata del Duomo. 26 anni ci sono voluti da parte dell’Opificio delle Pietre Dure per rimuovere la patina del tempo, i danni dell’alluvione del 1966, ripulire e in parte ricostruire con il laser l’amalgama dorata che ricopriva il bronzo. Lo stesso numero di anni occorse al suo autore, lo scultore e architetto fiorentino Lorenzo Ghiberti, per realizzare questo capolavoro tra il 1420 e il 1436, in pieno Rinascimento, superando in genio e bellezza le altre due porte precedenti, quella Nord realizzata dallo stesso Ghiberti all’inizio del 1400 e quella Sud realizzata nel Trecento da Andrea Pisano.
L’8 settembre il risultato di questo lungo e faticoso intervento sarà sotto gli occhi di tutti: nel cortile del Museo dell’Opera del Duomo l’immenso portale a due battenti, protetto da una teca di cristallo anti-variazioni climatiche, tornerà a risplendere e a raccontare in dieci riquadri le storie dell’Antico Testamento. Storie accompagnate dalle preziose cornici dove Ghiberti ha disposto tra fregi e nicchie a forma di conchiglia (l’ideale della perfezione) 48 personaggi biblici. Tutto tornerà come ai tempi in cui, davanti a quelle due porte lavorate con “ogni arte misura e ingegno” (così Ghiberti nei suo Commentarii) a sorpresa Michelangelo esclamò: “Elle son tanto belle che starebbon bene alle porte del Paradiso”.
La stessa formella mostrata sopra prima del restuaro.
Le porte del Ghiberti raccontano in un ordine sparso che l’osservatore
deve ricostruire le storie e i personaggi biblici: Adamo ed Eva, Caino e
Abele, Noè, Abramo, Esaù, Giuseppe e i suoi fratelli, Mosè sul monte
Sinai, Giosuè che attraversa il Giordano, Davide che sconfigge Golia,
Salomone che incontra la regina di Saba. In particolare quest’ultimo
racconto acquistava nella Firenze del Quattrocento un significato
storico particolare: nel duomo di Santa Maria del Fiore, sotto la cupola
del Brunelleschi, proprio in quegli anni (siamo nel 1439) si tenne un
concilio ecumenico nel tentativo di riconciliare la chiesa d’Oriente e
d’Occidente; e l’incontro tra Salomone e la bella regina orientale
avrebbe dovuto essere di buono auspicio perché si ricomponesse il
dissidio e la Chiesa cattolica e ortodossa ritrovassero unità.
Godiamoci dunque con tante buone ragioni questo capolavoro che, in
attesa di venire inserito in un grandioso progetto, sarà da oggi
visibile in un luogo ricco di significato: il cortile del Museo
dell’Opera del Duomo dove Michelangelo scolpì il suo David. Poi, nel
giro di tre anni, secondo il geniale progetto voluto dal direttore del
Museo dell’Opera, lo storico dell’arte mons. Timothy Verdon, le porte
d’oro del Ghiberti saranno inserite in una straordinaria scenografia
che riprodurrà in legno a grandezza naturale la facciata del Duomo di
Firenze com’era nel Trecento, con le sue 40 statue originali smantellate
nel 1587 e, di fronte, alla giusta distanza prospettica, il lato del
Battistero dove verrà appunto montata la porta del Paradiso In mezzo,
nello spazio chiamato all’epoca Paridisium, i visitatori proveranno
l’emozione unica di camminare in una piazza rinascimentale, dove
verranno posizionati due sarcofaghi romani originali che un tempo
occupavano la piazza e che ora sono conservati in Duomo.
La facciata di
Santa Maria del Fiore, disegnata da Arnolfo da Cambio con le sue statue,
riprenderà vita e chiunque potrà fare l’esperienza unica di ritrovarsi a
passeggiare nel cuore della Firenze di Donatello, Michelangelo,
Brunelleschi, mentre lo spirito di Ghiberti occhieggerà dal ricamo
dorato di una delle porte più belle del mondo, ambientata in una delle
nostre più belle piazze italiane.
Alfredo Tradigo