13/08/2012
Pippo con Valeria Mazza (foto Uff. Stampa)
Non c’è bisogno di spiegare chi sia.
Dal più nostalgico telespettatore di
una certa età al giovane internauta,
tutti conoscono Pippo Baudo. Per
aver visto trasmissioni come Settevoci, Canzonissima,
Senza rete, Luna Park, Fantastico,
Domenica in, Novecento. Per non parlare delle
sue 13 edizioni del Festival di Sanremo. Migliaia
di ore in diretta davanti alle telecamere
di Rai o Mediaset. Corrado, Enzo Tortora,
Raimondo Vianello, Mike Bongiorno, suoi
storici compagni d’avventura televisiva, sono
ormai usciti di scena. Lui però non ci sta a
incarnare il ruolo di dinosauro della Tv. Ancora
viva è la sua voglia di portare sul teleschermo
il Paese reale e non già quell’orrendo
surrogato che vien fuori dai troppi reality
e talent-show. Così, a 76 anni suonati, Super
Pippo torna in Tv e si rimette in gioco.
Baudo in una pausa delle riprese durante Il Viaggio (foto Uff. Stampa).
«Il viaggio andrà in onda su Rai 3 ogni lunedì,
a partire dal 3 settembre. Sarà un programma
itinerante attraverso lo Stivale», anticipa
Baudo, in questi giorni in sala mixer
per il montaggio delle prime puntate.
«Fosse
stato il solito programma in studio con la liturgia
dell’ospite, stacchetto, intervista e poi
brano musicale, non avrei accettato. Oggi in
Tv va in onda, dalla mattina alla sera, un’unica
melassa dallo stesso sapore. Questa idea,
invece, mi ha convinto».
Itinerante in che senso? Ogni volta monterete
lo show in una città diversa?
«No. Io e la mia troupe, bravi tecnici della
Rai di Napoli, giriamo l’Italia con un camper
attrezzato. Per incontrare e intervistare artisti,
giornalisti, personaggi della cultura e dello
sport nei loro luoghi, là dove vivono e affondano
le radici. Il modo per raccontare sotto
una luce diversa volti noti ma poco conosciuti
davvero. E per scandagliare la multiforme
realtà della provincia italiana. Una puntata
per ciascuna delle 20 Regioni. Anche un
paio, là dove varrà la pena di soffermarsi».
Che cosa vedremo a settembre?
«Inizieremo con Toscana, Romagna, Puglia
per poi tornare in Toscana. Ho incontrato
personaggi come Gian Antonio Stella, Gianna
Nannini, Sergio Rubini, Jovanotti, Edoardo
Nesi, Oliviero Beha, Giulio Giorello, Matteo
Renzi, Pier Luigi Celli, Marcello Lippi. E
mi piace citare anche Baldina, figlia di Giuseppe
Di Vittorio, il padre del sindacato».
Nessun problema di privacy?
«Scherziamo? Hanno aperto le porte tutti,
mostrandoci il loro lato più vero. Non immaginate
che cosa sia successo tra i trulli di Alberobello
con Checco Zalone».
La solita folla a caccia di autografi?
«Un vero bagno di affetto. La nostra gente,
il Paese sono assai migliori di quanto non li
si voglia dipingere. Certo migliori di tanti politici,
vecchi e nuovi».
Pippo Baudo e Bruno Vespa nello studio della trasmissione per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Ascolti deludenti e litigio tra i due (foto Uff. Stampa).
Pippo, pur di tornare in Tv ti stai sobbarcando
una fatica non da poco...
«Dopo l’esperienza poco fortunata con
Bruno Vespa al timone della trasmissione
che celebrava i 150 anni dell’Unità d’Italia,
mi avevano messo da parte. A essere sincero,
ho anche pensato di ritirarmi. Avevo giurato
a me stesso che non avrei fatto come l’amico
Mike Bongiorno, finito in Tv da Fazio a implorare
Berlusconi per essere ricevuto. Lui,
che aveva fatto la fortuna di Canale 5 e del
suo editore! Un episodio che mi ha toccato».
Poi, invece, il colpo di scena.
«È piaciuta quest’idea da artista di strada.
Che poi è arte antica e nobilissima. Non dimenticherò
mai che fu proprio per strada, davanti
al Teatro di Catania, che incontrai da ragazzo
per la prima volta Franco e Ciccio, che
si esibivano. Il viaggio è stato voluto da Giancarlo
Leone, direttore dell’intrattenimento
Rai, e da Antonio Di Bella, direttore della terza
rete. Ma l’accordo innovativo l’avevo fatto
con Lorenza Lei, ex direttore generale: rescissione
del contratto qualora il programma
non raggiunga l’ascolto medio della rete.
Faccio Tv da 54 anni, ma ogni volta mi tocca
ricominciare daccapo!».
Scelta coraggiosa, la tua, o magari anche
polemica nei confronti di una Tv che oggi
non sa più raccontare il Paese a furia
di programmare reality, talent-show e
serie straniere?
«Polemica. Non bisogna farsi spaventare
dal proliferare di reti tematiche e a
pagamento. Ci sarà sempre spazio per la
Tv generalista, purché sappia non perdere
il contatto con la quotidianità delle persone.
La Rai deve recuperare il suo ruolo di
servizio pubblico e la gente deve sentire
l’azienda di viale Mazzini come suo patrimonio.
Sono favorevole all’obbligatorietà del canone.
Anzi, lo farei pagare automaticamente
con la bolletta elettrica».
Addirittura! Sai le polemiche...
«Nessuno lo dice, ma a ciascun abbonato
Rai la diretta della finale degli Europei di calcio,
così come la semifinale vinta con la Germania,
è costata sei centesimi di euro. Altro
che offerte della pay-tv».
Va detto, però, che la qualità dei canali satellitari
risulta superiore a quella della Tv digitale.
In tutta Italia monta la protesta: i telespettatori
si sentono traditi...
«Il digitale terrestre, da noi, è un dramma.
Le persone anziane continuano a incontrare
difficoltà a sintonizzare i canali. E il segnale
arriva oggettivamente male in tante zone del
Paese. Fatto sta che l’Italia è geograficamente
inadatta a questa tecnologia, ricca come è
di colli e montagne. La verità è che liberare
le frequenze via etere serviva a smuovere interessi
economici enormi. La colpa però va
data ai politici, non alla Rai».
Un Beppe Grillo d’annata (foto Uff. Stampa).
Dai problemi tecnici a quelli di governance.
Cosa pensi del nuovo corso Rai del presidente
Anna Maria Tarantola e del direttore
generale Luigi Gubitosi?
«Sono stati nominati da poco, lasciamo loro
il tempo di orientarsi. Di sicuro, hanno le
competenze per far quadrare i conti e guidare
l’azienda fuori dalle secche in cui si trova.
Non sono d’accordo con le critiche mosse da
Carlo Freccero e Michele Santoro, che avevano
proposto i loro curricula. Quelli sono ruoli
manageriali. Per le competenze artistiche
ci sono i direttori di rete e i capistruttura».
È stato il premier Mario Monti a imporre i
vertici Rai. Così come certi provvedimenti
dettati dalla grave crisi economica. I sacrifici
sono necessari, ma non ti pare un esecutivo
un po’ distante dalla realtà delle persone?
Cosa pensi del suo Governo tecnico?
«Monti è una persona per bene. Un bocconiano
che sa fare il suo mestiere, che poi resta
quello del banchiere. Di lui non si può però
certo dire che sia nazional-popolare, così
come una volta disse di me qualcuno pensando
di offendermi e facendomi, in realtà, un
gran complimento. I tagli sono necessari ma
se invece di spending review Monti parlasse
di revisione della spesa, di riduzione, la gente
capirebbe meglio. E magari non penserebbe
che i sacrifici, alla fine, toccano soltanto ai
soliti. Parlare l’inglese è bene, ma non quanto
saper comunicare in italiano».
Come personaggio pubblico, la politica ti
ha spesso tirato la giacca. Ed essendo tu un
cattolico impegnato, il Centrosinistra ti offrì
la candidatura alle regionali 2006 in Sicilia.
Invano però. Sei pentito? Non pensi che per
la tua terra saresti stato un governatore migliore
di Raffaele Lombardo?
«Guarda, l’artista punta al massimo. Chi
amministra deve, invece, saper gestire. Sarei
negato. Il problema della Sicilia è che le migliori
menti, le personalità di spicco, di spessore
non solo culturale, lasciano tradizionalmente
la cosa pubblica in mano ad altri. Non
vogliono immischiarsi. Ed è così che poi vengono
fuori certe figure».
Nella tua lunga carriera hai avuto modo di
lavorare praticamente con tutti gli artisti. Alcuni
li hai perfino lanciati: Lorella Cuccarini,
Andrea Bocelli, Laura Pausini, Heather
Parisi. Ce n’è uno che, dopo gli inizi da comico
con te, ora rischia di spaccare la politica...
«Alle ultime elezioni amministrative, il movimento
di Grillo ha fatto boom. Avevo incontrato
Beppe poco prima, a Genova, in occasione
dello spettacolo di beneficenza proalluvionati,
e devo dire che mi ha fatto ridere.
Come comico è bravissimo. Per il resto, sono
curioso di vedere come andrà a finire questo
gioco. Perché di gioco si tratta. Non credo alla
sostanza della sua proposta: un conto è picconare,
altro è saper amministrare. Basta vedere
ciò che sta accadendo a Parma col primo
sindaco “grillino”. Certo, il segnale d’allarme
è forte: o la politica smette di aggrovigliarsi
su sé stessa e torna a fare buon governo,
oppure lo scollamento dagli elettori sarà
irreversibile. In fondo, Grillo va ringraziato».
Maurizio Turrioni