23/11/2011
"L'Elektra" realizzata da Anselm Kiefer ora in mostra al Museo del San Carlo.
Dall’1 ottobre il già ampio panorama museale italiano si è arricchito di una splendida realtà. Ci sono volute – sotto la spinta di Rosanna Purchia, attivissima sovrintendente – la tenacia e l’intraprendenza di Laura Valente, coadiuvata da un team professionalmente impeccabile, per dare vita a MEMUS (MEmoria MUSeo), un’elegante struttura destinata a ospitare l’archivio storico del glorioso Teatro di San Carlo. Il museo si propone come «luogo della vita che s’interroga sulla memoria, ma si muove leggero nella sperimentazione di nuovi linguaggi, ricerca e formazione, eredità e innovazione, conservazione e rielaborazione, destrutturazione e tradizione».
È appunto ricollegandosi a quest’ultima che si spiega la scelta dell’opera inaugurale della stagione 2011-12: Semiramide, apogeo della produzione rossiniana made in Italy, presente al San Carlo per ben sedici volte durante l’Ottocento.
L’annunciata protagonista Sonia Ganassi, che intendeva riaffermare la validità di una vocalità sostanzialmente ambigua come quella della mitica Isabella Colbran, purtroppo ha dato forfait. È stata sostituita da Laura Aikin, un classico soprano lirico-leggero: la sua Semiramide è fisicamente seducente, ma proiettata in una zona sovracuta estranea agli intenti rossiniani. L’Arsace nobilmente combattivo di Silvia Tro Santafé è stato talora costretto a venire a patti con la tessitura bassa dell’ardua parte; Simone Alberghini ha delineato un Assur meno autorevole del dovuto; Barry Banks ha una voce tutt’altro che gratificante, ma si è calato con effiacia nel difficilissimi panni di Idreno; deludente infine lo sfibrato Oroe di Federico Sacchi.
"Il flauto magico" nell'allestimento di William Kentridge, visibile al Memus.
Su tutto e tutti vigilavano consapevoli demiurghi quali Gabriele Ferro,
esperta bacchetta rossiniana che ha tenuto autorevolmente le fila del
discorso orchestrale, e un Luca Ronconi particolarmente focalizzato su
un’attenta rilettura dell’opera. Il suo è un allestimento coinvolgente
nella sua essenzialità, con una scena praticamente spoglia – bloccata
tra un fondale a guisa di muro sbrecciato e alcuni pannelli laterali –
dove di volta in volta compaiono suggestivi elementi che evocano
specifiche situazioni.
Affascinato dalla splendida cornice musicale
approntata da Rossini per questo suo trionfale congedo italiano, il
pubblico sancarliano non si è lasciato soverchiare dalla lunghezza di
Semiramide e ha tributato convinti applausi a tutti gli artefici dello
spettacolo.
Giorgio Gualerzi