17/12/2011
"Busto di donna" di Pablo Picasso, del 1907.
Non è solo uno dei grandi del secolo scorso. È anche uno degli artisti che ha traghettato con forza la pittura verso la modernità, tanto che alcune delle sue opere sono considerate icone del ‘900. La mostra che Palazzo Blu di Pisa dedica a Pablo Picasso, Volevo diventare pittore e sono diventato Picasso, vuole esplorare alcuni aspetti della sua arte, che i critici ancora oggi insistono a definire camaleontica, a partire dalla grande consapevolezza di sé che definisce il genio del pittore spagnolo.
Di qui il titolo, che prende in prestito le parole pronunciate da lui stesso e riferite da Françoise Gilot, sua compagna e musa.
«Quando ero bambino, mia madre mi diceva: “Se diventi soldato, sarai generale. Se diventi monaco, finirai papa.” Ho voluto essere pittore e sono diventato Picasso».
In realtà Picasso è stato un enfant prodige, di quelli che nascono praticamente con la matita in mano e non hanno bisogno di domandarsi cosa faranno da grandi. A differenza di altri geni, arrivati all’arte con un percorso sofferto e tormentato come lo stesso Van Gogh.
La biografia racconta che il piccolo Picasso era talmente avanti con la manualità e la tecnica che non poté partecipare a un concorso di disegno riservato ai bambini.
"Testa di fauno" di Picasso, anch'essa in mostra a Pisa.
Merito anche di suo padre, insegnante all’Accademia delle Belle Arti,
che ebbe una sorte analoga a quella del padre di Mozart. Si rese conto
ben presto che i lavori del figlio, ancora adolescente, rivelavano una
qualità e un talento che lui stesso non avrebbe mai potuto raggiungere.
C’erano già nel giovanissimo Picasso una forza creativa e una potenza di
linguaggio che lo porteranno poi a impadronirsi di tutte le novità
della pittura a lui contemporanea, trasformandole e ricomponendole in
qualcosa di inedito.
Il percorso della mostra, divisa in tre sezioni, presenta 270 opere tra
dipinti, ceramiche, disegni e opere su carta, oltre ad alcune celebri
serie di litografie ed acqueforti.
L’obiettivo è quello di presentare i passaggi della sua rivoluzione
linguistica con alcune opere simbolo, a cominciare dal celeberrimo Le
repas frugal (Pasto frugale), che descrive l’umanità derelitta
caratteristica del periodo blu, fino all’altrettanto famoso Testa
di Fauno proveniente dal museo di Antibes.
Sono presenti i grandi miti e i temi della sua poetica. I tori e i
minotauri, le donne e la guerra. L’erotismo e la tragedia.
"Natura morta con canestro di frutta", opera del 1942.
Da segnalare un raro studio preparatorio della figura centrale delle
Demoiselles d’Avignon, il capolavoro cui si fa risalire la nascita della
stagione cubista, e le
16 lastre dei Toros. Un animale simbolo, insieme vittima e protagonista,
in cui Picasso, da sempre attratto dal mondo delle corride, si
identifica, fino a trasformarlo in un archetipo della sua cosmogonia.
Anche in questa serie si parte da una raffigurazione più realistica per
arrivare a una sintesi estrema che ricorda la semplicità primitiva dei
graffiti di Altamura. La stessa semplificazione e trasfigurazione
operata nella serie coloratissima di ritratti dedicati a Jacqueline, la
sua seconda moglie. Non a caso una delle frasi più celebri attribuite a
Picasso sottolinea proprio questo passaggio. «A 12 anni dipingevo come
Raffaello, però ci ho messo tutta una vita per dipingere come un
bambino».
DOVE & QUANDO
La mostra "Volevo essere pittore e sono diventato Picasso" è aperta fino al 29
gennaio al Palazzo Blu di Pisa. Catalogo Giunti. Info: tel. 050/91.69.50, www.palazzoblu.org
Simonetta Pagnotti