01/07/2010
Una scena di "Fratelli d'Italia" di Claudio Giovannesi.
Com’è difficile assumere un’identità multietnica e riconoscere il valore positivo di una multicultura capace di abbattere ogni barriera. Claudio Giovannesi (l’anno scorso debuttò con La casa sulle nuvole) ha sperimentato dal vivo le difficoltà di integrazione nella società italiana di tre giovani. Scenario di questo esperimento un istituto scolastico di Ostia, dove il 30% degli studenti è di origine non italiana.
C’è Alin Delbaci, romeno, 17 anni, da quattro in Italia, con un rapporto conflittuale con l’insegnante di italiano e con i compagni di classe; c’è Masha Carbonetti, 18 anni, bielorussa adottata da una famiglia italiana, che vorrebbe partire per incontrare il fratello rimasto in patria; c’è Nader Sarhan (nella foto), 16 anni, egiziano nato a Roma, fidanzato con una ragazza italiana contro il parere dei suoi.
Fedele resoconto di un disagiato cammino verso l’integrazione, Fratelli d’Italia si affida alla tecnica del cinema-verità. Ce ne sono due modelli: uno indiretto, in cui il protagonista si racconta davanti alla macchina da presa, e uno diretto, in cui la sua esperienza è rivissuta come se si verificasse per la prima volta. Quest’ultimo modello è il più difficile, perché le persone chiamate a rivivere un episodio della loro vita tendono a bloccarsi. Giovannesi ha scelto la seconda strada, ma il rischio è stato egregiamente ripagato da un docu- drama in cui gli elementi tipici del romanzo si innestano nella cronaca di tutti i giorni.
Enzo Natta