06/07/2012
Emanuele Trevi si è classificato secondo a solo due voti dal vincitore Piperno (foto Eidos).
È Alessandro Piperno, con il romanzo Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi (Mondadori), il vincitore dell’edizione numero 66 del premio Strega. Lo scrittore romano si è aggiudicato ieri il prestigioso riconoscimento in una serata al cardiopalma, spuntandola per due soli voti, inaspettatamente, su Emanuele Trevi, autore di Qualcosa di scritto (Ponte alle Grazie).
Il testa a testa è stato all’ultimo voto e fino alla conclusione dello spoglio di tutte le schede l’esito era incerto. Ma alla fine sono risultati 126 voti per Piperno e 124 per Trevi. Seguono Gianrico Carofiglio con 119 voti a Il silenzio dell’onda (Rizzoli), Marcello Fois con 48 voti a Nel tempo di mezzo (Einaudi) e infine Lorenza Ghinelli con 16 voti a La colpa (Newton Compton).
La sorpresa del vincitore
Fino all’ultimo, al Ninfeo di Villa Giulia a Roma (la storica cornice del premio fondato da Maria e Goffredo Bellonci), la tensione è stata altissima. E lo stesso Piperno si è reso conto con sorpresa di avercela fatta. «Sembrava che Trevi fosse il favorito», ha detto dopo aver bevuto tre belle sorsate del liquore campano dalla bottiglia offertagli come trofeo, «quindi mi ero messo il cuore in pace. Invece ora tutto è cambiato. È stata una battaglia dura ma leale.
Per uno scrittore vincere lo Strega è il coronamento di un sogno. È come per un calciatore vincere uno scudetto con la sua squadra. La mia squadra è la Mondadori e devo ringraziare il mio editore per il lavoro che ha fatto».
Le dinamiche in gioco
“In Strega veritas”, potremmo dire parafrasando il celebre motto latino. In effetti quasi tutti i premi letterari (ma in particolare lo Strega, l’unico, a quanto pare, capace di incrementare in maniera significativa il numero delle copie vendute del libro vincitore) sono gare, più che tra libri, tra gruppi editoriali. E il colosso di Segrate ce l’ha fatta ancora una volta. L’alternativa, negli ultimi anni, è stata tra Mondadori ed Einaudi (due marchi che appartengono allo stesso gruppo) e Rcs (Rizzoli e Bompiani). Tanto che in molti allo Strega lamentano questa sorta di “diarchia”. Se avesse vinto un libro di Ponte alle Grazie (gruppo Gems) si sarebbero sparigliate le carte, almeno per una volta.
Carriera breve ma fortunata
Ma veniamo al libro di Piperno. Che rispetto al romanzo di Trevi, sperimentale nel contenuto e nella struttura (incentrato sulla figura di Pier Paolo Pasolini e sul mondo che gli gravitava attorno), rappresenta una narrazione di taglio più tradizionale.
Classe 1972, francesista di formazione, ricercatore all’Università di Roma Tor Vergata, Piperno aveva esordito come scrittore nel 2005 con il romanzo
Con le peggiori intenzioni (pubblicato, come anche i successivi, da Mondadori). Nel 2010 pubblica
Persecuzione, prima parte di un dittico di cui il romanzo ieri sera incoronato dallo Strega è la seconda e ultima parte.
Il dramma di una famiglia
Protagonista dei due romanzi è la famiglia Pontecorvo. In
Inseparabili troviamo, al centro della vicenda, due fratelli intorno alla quarantina, Filippo e Samuel. Il primo è un uomo indolente, sposato ad Anna, un’attricetta emotivamente instabile. Ad acuire la frustrazione della donna, interviene una certa invidia per l’inaspettato successo di Filippo come autore di un film di animazione. Samuel, invece, dopo la laurea alla Bocconi, ha percorso una brillante carriera nel mondo degli affari. Ma ora le cose volgono al peggio, sia sul piano lavorativo sia su quello sentimentale.
Poi ci sono i ricordi, pesanti e ingombranti: l’ombra di un’accusa infamante al padre dei due ragazzi, ora defunto, quella di molestie ai danni di una ragazzina. Un trauma a lungo rimosso, con il quale ora Samuel vuole finalmente fare i conti. Convincendosi sempre più dell’innocenza del genitore.
La denuncia del vuoto di valori
Piperno è molto bravo nel restituire il
quadro sociale dell’alta borghesia romana. Le psicologie dei personaggi vengono scandagliate nei minimi risvolti, con un’attenzione, che però a volte appare un po’ eccessiva, alle fissazioni sessuali. Si tratta, evidentemente, del sintomo di un più profondo malessere. Sulla scena troviamo tutte persone che soffrono interiormente per la mancanza di ideali capaci di dare un senso alla vita. Nell’indicazione di questo
vuoto esistenziale c’è, forse senza che l’autore l’abbia cercata deliberatamente, una forza di denuncia che va oltre l’apparenza di un “romanzo borghese” ben scritto.
Roberto Carnero