13/05/2011
Il tema è sfuggente, ma quanto mai brillante: un trittico dedicato ai gioielli e che s’intitola Jewels, per la prima in scena alla Scala nella sua interezza (sino al 26 maggio, poi a “Parma Danza” il 28-29 e a Lodz, in Polonia, il 4-5 giugno), non poteva che scaturire dall’estro di un coreografo capace di creare danze senza bisogno di storie da raccontare, ma con il solo sostegno di un’idea e di tanta musica da attraversare passo passo, restituendone profumi e atmosfere.
George Balanchine (1904-1983), il più autorevole coreografo di balletto del Novecento, creò Jewels nel 1967, per il suo New York City Ballet, dopo aver ammirato una collezione di preziosi nella gioielleria “Van Cleef & Arpels” a New York. Da orientale, di origini georgiane, l’artista russo-americano aveva sempre confessato la sua predilezione per le gemme, tanto care alle donne: per lui la danza era dominio del “femminile”! Fu molto soddisfatto che i gioielli applicati sui tutù e i corsetti maschili da Karinska, la sua fedele costumista, si avvicinassero molto agli originali (quelli, ovviamente, troppo pesanti per poter essere indossati da danzatori!) e il suo balletto, rappresentato ormai anche in Russia, ebbe molta fortuna.
Oggi è il Corpo di Ballo della Scala a impersonare verdi smeraldi su musica di Gabriel Fauré, in una prima parte dominata da un afflato romantico e da uno chic “francese”. Poi subentrano rubini scattanti sulle spigolature quasi jazz del Concerto per piano e orchestra di Igor Stravinskij. Infine i diamanti ci riportano all’epoca dello sfavillio zarista, avvolto dalla musica di Čajkovskij.
Vero bouquet di danze pure, Jewels esige perfezione stilistica, virtuosismo, glamour: ai giovani solisti, all’ensemble, impegnato in una prova non comune, si uniscono le star russe Alina Somova, Polina Semionova, Leonid Sarafanov, il canadese Guillaume Côté, e perché in scena tutto e tutti luccichino meglio!
Marinella Guatterini