18/11/2011
Da sinistra: Pino Insegno, padre Alessandro Caspoli e Veronica Maya, protagonisti dell'ultima edizione dello Zecchino d'Oro.
Una settimana di pomeriggio con la Tv dei ragazzi, come si usava quando molto tempo del dopo pranzo televisivo veniva dedicato ai più giovani. Erano programmi semplici, che tutti potevano vedere senza usare un “parental control” che, in caso dovevamo fabbricarci da soli, perché quello di oggi allora non esisteva. Ritrovare lo Zecchino d’oro, con quei bimbi veri - età di ammissione dai 3 agli 11 anni - che “recitavano” compunti le loro canzoni, mi ha ricordato, per l’ennesima volta, quanto i tempi siano cambiati. Oggi i bambini sono soltanto “enfant prodige”, gareggiano in prima serata muovendo un business milionario e, anche se le trasmissioni sono registrate nel pomeriggio, si protraggono sino alla sera tardi, anche dopo la mezzanotte. Il che fa presumere che siano gli adulti, parenti, genitori o comunque gente interessata “all’affare”, a seguirlo attentamente, affiancandosi agli immancabili nottambuli del video.
In Rai c’era una volta “Ti lascio una canzone" affidata alla disinvolta Antonella Clerici, e la trasmissione c’è ancora anche se, scontrandosi con gli exploit di Maria De Filippi, perde regolarmente. Così Raiuno, ormai responsabile di una Tv dei ragazzi che non c’è più, ha fornito a quelli di Mediaset il pretesto dell’ennesimo clone. Ed è nata così “Io canto” condotto da quello zio Gerry (Scotti) che piace a nonne, mamme, papà e prole. Piccoli, innocenti coinvolti in giochi più grandi di loro ma che, inevitabilmente, anche se lentamente, si trasformano in caricature di star della canzone. Per la loro età si prendono terribilmente sul serio.
Mariele Ventre con i bambini del Coro dell'Antoniano.
Dello “Zecchino” mi ero proprio dimenticato e se non fosse stato che in
un pomeriggio uggioso, quando fuori era già buio ho fatto zapping in Tv
cercando un momento di rilassante serenità. E l’ho trovata proprio nel
vecchio Zecchino, ormai ultracinquantenne, ma che ha conservato la sua
freschezza, la sua impagabile “infantilità” e quei bambini veri, che non
gareggiano ma si divertono. Mi è capitato più volte di fare parte
della commissione che ascoltava le canzoni che volevano partecipare allo
Zecchino - e, al contrario delle omologhe esperienze sanremesi - lì si
giocava pulito anche perché si sentiva la vigilanza implacabilmente
disinteressata della mitica Mariele Ventre, l’anima del Piccolo Coro
dell’Antoniano. A mano a mano che la conoscevo mi ero autoconvinto che
quando sognava, Mariele faceva gli stessi sogni dei “suoi” bambini.
Il paragone con le micidiali prime serate del duo Scotti-Clerici è
persino impietoso. Negli anni Settanta, anni bui in tutti i sensi, si
cambiò il modo di presentare le canzoni dello Zecchino perché, almeno
così si astrologò, quei piccoli solisti potevano sentirsi dei divi,
quasi si rubasse loro l’infanzia. Così il loro ruolo fu praticamente
annullato dalla presenza più massiccia del Coro. E proprio Mariele fu la
prima a dispiacersene. Adesso siamo tornati alla formula iniziale e
ancora una volta, seguendo lo Zecchino, si fa una cura ricostituente di
buoni sentimenti. Almeno una volta l’anno i bambini hanno la loro Tv.
Senza andarsela a cercare tra quella satellitare a pagamento. Che poi è
sempre meglio che assistere anche un solo attimo al tragico “Uomini e
donne” della solita “blody Mary”.
Gigi Vesigna