Ragazzi con l'anima

Non è vero che i giovani hanno paura di affrontare le grandi questioni della vita: lo racconta "Bianca come il latte rossa come il sangue" dal best-seller di D'Avenia.

Leo e Beatrice, amore e dolore

05/04/2013
Gaia Weiss e Filippo Scicchitano in una scena di "Bianca come il latte rossa come il sangue".
Gaia Weiss e Filippo Scicchitano in una scena di "Bianca come il latte rossa come il sangue".

«Speriamo che il film non rovini il libro». In queste parole pronunciate da una studentessa  venuta ad ascoltare la presentazione di Alessandro D'Avenia all'Università Cattolica di Milano di Bianca come il latte rossa come il sangue, la pellicola tratta dal suo romanzo, c'è tutta l'attesa dei tantissimi giovani che in quel testo si sono riconosciuti ed emozionati. Non saranno delusi. Il film che esce in questi giorni è semplice, ma non semplicistico, proprio come il romanzo di D'Avenia. La storia del sedicenne Leo (Filippo Scicchitano, già protagonista di Scialla!), studente torinese che preferisce il calcetto ai libri, che si innamora della "rossa" Beatrice (Gaia Weiss) e che decide di starle accanto quando scopre che è malata di leucemia, è raccontata dal regista Giacomo Campiotti (una laurea in pedagogia e quattro figli), con il garbo di chi conosce bene ciò di cui parla, riuscendo a non far stridere le parti più leggere con quelle più drammatiche.

Leo, che all'inizio divide il mondo in due colori, il bianco sinonimo di vuoto, di noia e di responsabilità e il rosso delle passioni e dei capelli dell'amata Beatrice, passando per il dolore comprende che la vita è un arcobaleno che cambia di continuo. E in questo percorso di crescita entra anche quel Dio che all'inizio viene liquidato con una battuta. Quando il professore di religione gli chiede se ci crede, Leo risponde di no perché digitando sul cellulare la parola "Dio" il T9, il software per la scrittura facilitata degli Sms, la corregge in "fin". E invece resta sconvolto quando Beatrice, già fortemente segnata dalla malattia, gli confessa di provare «nostalgia di Dio, di quando ci credevo da bambina». Un film, in definitiva, che può offrire molti spunti di riflessione pure agli adulti, qui rappresentati dal professore idealista Luca Argentero e dai genitori di Leo interpretati da Flavio Insinna e da Cecilia Dazzi. Adulti che non nascondono le loro fragilità e che per questo riescono a essere vicini ai giovani nei momenti che contano davvero.

Eugenio Arcidiacono

a cura di Paolo Perazzolo
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Postato da germano turin il 05/04/2013 12:18

Il primo pensiero che mi viene in mente quando sento parlare di "fede" è che, per avere "fede" in Dio sia necessario, prima di tutto, cominciare "fidarsi" di Dio. Subito dopo però penso che per "fidarsi" di qualcuno bisognerebbe almeno "conoscere" colui del quale si è deciso di fidarsi. Quindi, per "aver fede", cioè per "fisarsi" di Dio, bisognerebbe almeno conoscerlo: ma come si fa a conoscere qualcuno (o qualche Ente) che viene anche definito "trascendente", cioè che trascende, va "oltre" quello che viene definito "l'immanente", cioè quello che sta sotto i nostri sensi? A volte (anzi più spesso di quanto si pensi) Dio ci parla: nel modo e nel tempo che vuole Lui ma ci parla. Basta prestare un attimo di attenzione e ci accorgiamo che ci sta dicendo qualcosa, nella vita di tutti i giorni. "Credo" che la fede cominci da li: dall'attimo di attenzione che a volte prestiamo a parole e fatti che avvengono attorno a noi...

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