18/02/2011
La Corte di Cassazione è intervenuta con sentenza in una questione “condominiale”. Una condomina aveva offeso pubblicamente l’amministratore apostrofandolo in particolare con l’epiteto “latitante”, scritto su un cartello affisso nell’androne del palazzo. L’amministratore, in tutta risposta, aveva sporto querela per diffamazione e ingiuria nei confronti della donna che lo aveva insultato. Dopo che il giudice dell’udienza preliminare aveva disposto il non luogo a procedere nei confronti della cndomina, l’amministratore si è rivolto alla Cassazione. La Corte, rigettando il ricorso, ha disposto che “il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca essenzialmente in quanto il primo non si concretizza, come l’altro, nella narrazione dei fatti, bensì nell’espressione di un giudizio o, più genericamente, di un’opinione che, come tale, non può pretendersi rigorosamente obiettiva, posto che la critica, per sua natura, non può che essere fondata su un’interpretazione, necessariamente soggettiva, di fatti e comportamenti. La scriminante in questione presuppone dunque, a differenza di quella del diritto di cronaca, un contenuto di veridicità più limitato; conformemente al diritto di cronaca, anche il diritto di critica trova l’ulteriore limite segnato dal rispetto dei criteri della rilevanza sociale della notizia e delle correttezza delle espressioni usate (…) Con tale condotta l’imputata non solo ha esercitato il proprio diritto di libera manifestazione del proprio pensiero, ma ha anche esercitato lo specifico diritto, quale condomino dello stabile amministrato (dall’amministratore) di controllare comportamenti dell’amministratore e di denunciarne eventuali riscontrate irregolarità. Le critiche all’operato dell’amministratore avevano come naturale destinatario gli altri condomini e, dunque, risulta rispettato il limite delle rilevanza sociale della notizia e idoneo a tale diffusione è il luogo ove è stato affisso il volantino. Quanto al profilo della continenza pienamente condivisibile e non contraddittoria è la motivazione del provvedimento impugnato là dove ha ritenuto che le espressioni critiche usate dall’imputata non hanno mai determinato un’aggressione gratuita alla sfera morale della persona dell’amministratore, ma una censura soltanto delle attività (non) svolte come amministratore del condominio. In tale contesto la parola latitante è stata usata nell’accezione corrente di qualcuno che evita di farsi vedere onde non ottemperare ai suoi doveri e compiti per i quali è preposto e pagato. È cioè proprio quelle omissioni che l’imputata criticamente riscontrava e denunciava nell’operato professionale dell’amministratore”.