24/06/2010
Nella notte del 23 giugno si è spento nella sua
abitazione romana il nostro collaboratore Emanuele Piccari. Aveva 69
anni e dal
1993 curava la rubrica Spese e consumi. Sposato con due figli, da
qualche mese
era diventato nonno. Il suo nome e la sua attività professionale sino legati
all'Unione nazionale consumatori, dove si occupava prevalentemente della
diffusione delle notizie in materia di norme a tutela dei diritti dei
cittadini.
Instancabile lettore della Gazzetta Ufficiale, informava tempestivamente
sull'evoluzione delle leggi che potessero avere un risvolto pratico per
tutti
noi.
La Redazione di Famiglia Cristiana si unisce al dolore della sua
famiglia.
Pubblichiamo sotto uno dei suoi ultimi articoli scritti per il nostro
settimanale.
Chi riceve e gestisce i reclami contro la pubblica amministrazione e
altri enti pubblici o assimilati, ha capito da tempo che i cittadini
italiani vivono in una burocrazia mascherata da democrazia. Ecco alcuni
esempi.
In base all’art. 25 del Codice di procedura civile, emanato nel
1940, se un cittadino ha una controversia con una qualsiasi pubblica
amministrazione deve fare causa presso il foro di quest’ultima, anche se
abita lontano. E’ chiaro che la norma borbonica serve a impedire ai
cittadini di far valere le proprie ragioni.
In base allo stesso principio, se un automobilista ha ricevuto
una multa stradale in una città ove non è mai stato, deve ricorrere al
giudice di pace di quella città, anche se abita a mille chilometri di
distanza.
Chi riceve un’ingiunzione ingiusta per il canone televisivo, per
far valere le proprie ragioni deve ricorrere alla Commissione tributaria
provinciale di Torino, anche se abita a Caltanissetta. Diverse sentenze
della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione hanno stabilito
che il canone televisivo è dovuto anche se non si ricevono i programmi
della Rai per colpa della Rai (per esempio, perchè manca il ripetitore).
Milioni di cittadini continuano a ricevere cartelle esattoriale
relative a tassette inflitte dai Consorzi di bonifica delle paludi del
secolo scorso, anche se abitano in città. La cosa va avanti da un secolo
e nessuno fa niente. I Consorzi decidono autonomamente gli stipendi dei
propri presidenti, dirigenti e dipendenti, se li aumentano
continuamente e hanno anche le auto blu, a sbafo dei cittadini che
pagano.
Nella maggior parte dei casi le ricevute dei versamenti dei tributi
vanno conservate per 5 anni, talvolta un po’ meno (ICI, tassa rifiuti,
bollo auto, eccetera), poi scatta la prescrizione e il contribuente
butta le ricevute. Senonchè spesso escono leggine e decretini che
prolungano la prescrizione, generalmente di un anno. Il contribuente
nulla ne sa, perchè non legge la Gazzetta Ufficiale e tanto meno ne
viene informato, quindi riceve una cartella esattoriale e non può
provare di aver pagato perchè ha buttato la ricevuta.
Anche se è scattata la prescrizione, il contribuente riceve
ugualmente la cartella esattoriale, perchè la pubblica amministrazione
sa benissimo che il contribuente per far annullare la cartella deve fare
ricorso spendendo soldi e tempo. E’ chiaramente un sopruso, ma le
pubbliche amministrazioni se ne infischiano perchè sanno benissimo che
la maggior parte dei contribuenti paga per non perdere tempo.
L’art. 328 del Codice penale prevede la reclusione o la multa per
il responsabile della pubblica amministrazione che non risponde entro
30 giorni alla lettera di un cittadino. La norma è facilmente aggirabile
con una rispostina che mette come scusa il troppo lavoro della pubblica
amministrazione.
La legge n. 241/1990 sulla “trasparenza amministrativa” aveva
disposto che la pubblica amministrazione deve consentire l’accesso a un
documento amministrativo al cittadino che ne faccia una richiesta
interessata. Successivamente la legge n. 15/2005 ha stabilito che la
richiesta del cittadino si intende respinta dopo un silenzio di 30
giorni. Ovviamente nessuno risponde. E’ una vergogna legislativa.
Un’altra vergogna legislativa è costituita dalle leggi finanziarie.
Sono mercati delle vacche per coprire interessi di cui il cittadino
nulla sa, con centinaia e centinaia di rimandi ad articoli e commi di
precedenti leggi, aboliti, modificati, integrati, eccetera.
La legge n. 241/1990 ha stabilito che le amministrazioni pubbliche
devono concludere le pratiche dei cittadini entro determinati tempi.
Successivamente l’art. 3/ter della legge n. 273/1995 ha stabilito che se
il dipendente pubblico non “evade” la pratica entro il termine il
cittadino può fare ricorso al direttore, che deve evaderla entro 30
giorni. Generalmente il direttore se ne infischia e a questo punto il
cittadino può fare un ulteriore ricorso al Ministro, il quale pure se ne
infischia. Siccome non ci sono sanzioni, a questo punto il cittadino
deve fare un ricorso al TAR, spendendo almeno 2.000 euro di avvocato.
Il decreto del Dipartimento della Funzione Pubblica 28/11/2000 ha
stabilito il “Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni”, che hanno i doveri di cortesia, imparzialità,
sollecitudine nel disbrigo delle pratiche, parità di trattamento dei
cittadini, attenzione alle domande del pubblico, eccetera. Il Codice non
contiene però sanzioni, quindi è un pezzo di carta.
Una circolare del Ministro della Funzione Pubblica del 5 agosto
1989 ha stabilito che i dipendenti pubblici devono portare un cartellino
di riconoscimento. L’obbligo è stato ribadito da una circolare dello
stesso Ministero del 18 febbraio 1993 (evidentemente nessuno portava il
cartellino), poi una direttiva del Presidente del Consiglio del 27
gennaio 1994 ha cancellato l’obbligo stabilendo soltanto che i
dipendenti pubblici sono tenuti “ad indicare le proprie generalità sia
nel rapporto personale sia nelle comunicazioni telefoniche”. Ma non ci
sono sanzioni e i dipendenti se ne infischiano.
Lo statuto del contribuente (legge n. 212/2000) prevede che le
leggi contenenti disposizioni tributarie devono menzionare l’oggetto nel
titolo: le leggi finanziarie sono piene di disposizioni tributarie
senza titolo. Lo statuto del contribuente non prevede termini per le
restituzioni e i rimborsi di imposte.
Le multe stradali con perdita di punti della patente arrivano
generalmente dopo quattro mesi. Il proprietario dell’auto che non
ricorda chi la guidava nel giorno e nell’ora dell’infrazione (si pensi a
una famiglia di 5-6 persone con una sola auto oppure ad un’auto
aziendale), riceve una multa di 250 euro.
Quasi ogni giorno sulla Gazzetta Ufficiale vi sono decreti del
Presidente della Repubblica che, in base al decreto legislativo n.
267/2000, scioglie Consigli comunali, generalmente per gravi
irregolarità nell’assegnazione di appalti, distrazione di fondi
pubblici, collusioni con la criminalità organizzata, favoritismi a
parenti e amici in violazione di leggi, abusi in opere pubbliche,
eccetera. I cittadini nulla ne sanno e le gravi irregolarità spesso
comportano aumenti di tasse e tariffe per mancanza di fondi nelle casse
comunali.
Emanuele Piccari