07/02/2012
Se in questi giorni
di freddo la vostra casa non riesce a scaldarsi o gli infissi lasciano entrare
qualche folata di vento, probabilmente è perché c’è una grande dispersione
termica. Questo è soltanto uno dei tanti fattori considerati per determinare la
classe energetica di un edificio. Una valutazione che incide non poco sul
valore di un immobile in vendita o in affitto o, almeno, che dovrebbe essere
fatta per legge. Tanto che da un anno esiste l’obbligo di redigere una
certificazione da allegare al contratto. Eppure, siamo ben lontani da adempiere
a quanto previsto dalla normativa: solo il 12,7% degli immobili in vendita o
in locazione hanno il certificato: «Se nei primi giorni di gennaio – spiega
Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Gruppo Immobiliare.it – analizzando
gli oltre 700mila annunci presenti sul nostro sito avevamo rilevato un 4,7% di
inserzioni in regola, a distanza di un mese la situazione è migliorata. Le
differenze tra regione e regione però sono nette e mostrano una reazione non
uniforme all’introduzione della normativa».
Nord, Centro e Sud
stanno avendo un atteggiamento diverso: nel Nord Est, ad esempio, la
percentuale di annunci con certificazione energetica è salita al 18,9%, mentre
a Nord Ovest è al 15,6%; al Centro Italia siamo all’8,8% e al Sud al 3,8%. Tra
le province, quelle con i livelli più elevati di certificazione sono Bolzano
(oltre un annuncio su quattro, il 25,6%) e Trento (22,0%), seguite a distanza
da Milano (11,3%) e Torino (10,2%). Roma è ferma al 5,2%, mentre il
fanalino di coda dell’indagine è Palermo, che arriva allo 0,9%.
La ragione per cui
sono relativamente pochi gli immobili già in regola è da ricercare, forse, nel
fatto che ad oggi
l’unica regione che sanziona il mancato adempimento
dell’obbligo è la Lombardia (previste multe fino a 5.000 euro): non sono
comunque sanzionabili gli annunci che fanno riferimento ad un contratto
sottoscritto entro il 31 dicembre 2011. I problemi maggiori, inutile negarlo,
li hanno i privati: solo l’1,5% degli annunci pubblicati da loro è dotato di
indicazione della classificazione energetica dell’immobile messo in vendita o
affitto (contro il 12,9% degli annunci pubblicati da agenzie). Un annuncio
corretto dovrebbe riportare la classe energetica e l’indice di prestazione
energetica dell’immobile: il primo valore viene determinato dai certificatori
(ogni regione ha un elenco di quelli autorizzati,
vedi il servizio), il secondo invece è presente
solamente nell’ACE (Attestato di Certificazione Energetica). Si può anche fare
un’autocertificazione, ma in questo caso l’immobile è collocato direttamente
nella classe G, quella peggiore in assoluto.
La situazione
degli immobili
Il 24% appartiene alla classe C, segno di una
qualità media comunque buona, una percentuale identica si trova nella classe
peggiore; in questa categoria ritroviamo gli immobili più vecchi, che anche con
importanti (e costosi) interventi di ristrutturazione non potrebbero comunque
arrivare in classe A.
«La normativa sulla classificazione energetica
anticipa una richiesta comunque tassativa al momento del rogito – continua
Giordano – e, quindi, più che essere un freno al mercato immobiliare, deve essere
letta come uno strumento in più per l’acquirente, che sa sin da subito quello
che sarà il livello medio dei consumi dell’immobile.» In merito all’incidenza
della classificazione energetica sul costo dell’immobile va detto che è
piuttosto difficile isolare questo solo aspetto rispetto alle generali
condizioni dell’immobile; ad ogni modo, immobili simili ma con classi
differenti possono subire un’oscillazione di prezzo di vendita che può arrivare
anche al 30% a seconda che siano in classe A o G. A Milano, per esempio, un bilocale usato di 65 metri quadrati in
zona semicentrale costa 448mila euro se in Classe A o 339 mila euro se in
classe G. A Roma la differenza è di 100mila euro, mentre a Firenze si scende
dai 394 mila euro ai 392 mila euro.
Eleonora Della Ratta