23/11/2011
Ci sono voluti quattro anni perché in Europa
arrivasse una legislazione per imporre etichette complete e
trasparenti sui prodotti alimentari. Con il
regolamento
Ue 1169/2011 diventa obbligatorio indicare
l'indicazione d'origine per tutti i singoli elementi (fino a oggi lo
era solo per la carne di manzo), la presenza di allergeni, una
tabella nutrizionale completa. Il problema è che perché l'etichetta
completa arrivi sugli scaffali dei supermercati passeranno altri
cinque anni. Certo, le aziende più virtuose potranno farlo da
subito, ma la legge lascia questo lungo tempo per adeguarsi.
I cambiamenti previsti sono importanti. Tutti gli
alimenti confezionati devono avere una
tabella
nutrizionale con sette
elementi (valore energetico, grassi, acidi
grassi saturi, carboidrati, proteine, zuccheri e sale) riferiti a 100
g o 100 ml di prodotto, che potrà essere affiancata da dati riferiti
a una porzione. L'etichetta deve essere
ben
visibile sulla confezione e scritta a
caratteri sufficientemente grandi.
Entro il
2013 deve essere indicato il Paese d'origine
di carne suina, ovina, caprina e pollame, mentre potrebbe essere
esteso questo obbligo anche al latte e ai prodotti caseari.
Da parte sua l'
Adiconsum,
che si era impegnata per l'approvazione di questo provvedimento,
festeggia a metà: un giudizio positivo sui contenuti attenuato dai
tempi di applicazione giudicati troppo lunghi. «Temiamo qualche
resistenza da parte delle aziende e delle associazioni che le
rappresentano – dice Pietro Giordano, Segretario generale di
Adiconsum nazionale – che già si sono lamentate dei costi
aggiuntivi che dovranno sostenere. E temiamo anche un possibile
effetto a cascata sul costo finale dei prodotti a danno dei
consumatori».
Ma è soprattutto l'estensione della denominazione
di origine a interessare l'associazione dei
consumatori che teme qualche ostacolo da parte delle aziende
produttrici: «L'eventuale futura estensione dell'indicazione
d'origine a tutti gli alimenti – sottolinea Pietro Giordano –
potrebbe rappresentare un problema, sotto l’aspetto del marketing,
per quelle aziende che hanno il “cuore” in Italia, ma gli
approvvigionamenti all’estero. Molti consumatori sono convinti di
acquistare italiano, mentre il latte, il caffè e il grano, per
citare solo alcuni delle materie prime, arrivano dall’estero. In
questo senso, le successive integrazioni del regolamento potranno
tutelare maggiormente non solo il consumatore ma anche il made in
Italy».
Eleonora Della Ratta