22/06/2011
La crisi ha raggiunto anche gli imprenditori
stranieri in Italia, che hanno a che fare spesso con l’eccessiva burocrazia, il
ritardo dei pagamenti e il problema d’accesso al credito. È questa la
situazione che emerge da un’indagine rivolta a 500 imprenditori stranieri nel
nostro Paese realizzata dalla fondazione Leone Moressa (www.fondazioneleonemoressa.org).
Gli imprenditori stranieri hanno sofferto
“abbastanza” la crisi economica, più al Centro che al Nord, più nell’edilizia
che nei servizi alle persone. In particolare, le attività imprenditoriali sono
state penalizzate soprattutto dai problemi di liquidità legati al ritardo dei
pagamenti (27,4 per cento), all’eccessivo carico burocratico (27,8 per cento) e
in parte a difficoltà di accesso al credito (12,8 per cento).
Nonostante la crisi, la maggioranza degli imprenditori intervistati intende
continuare a investire nel prossimo futuro nella propria attività autonoma
(85,4 per cento) e solo il 10 per cento pensa di ritornare a lavorare come
dipendente. Il 3,2 per cento desidera rientrare nel proprio Paese di origine e
l’1,5 per cento di avviare una nuova attività in un altro settore.
La maggior parte degli imprenditori stranieri
intervistati ha fatto ricorso all’autofinanziamento per la propria attività
(75,6 per cento). Il 20,5 per cento ha chiesto un prestito alla banca:
l’importo è destinato soprattutto alla fase di avvio di impresa (46,3 per
cento), nel 24 per cento dei casi per l’acquisto di macchinari, nell’11,6 per
cento di immobili e nel 10,7 per cento di mezzi di trasporto. Oltre il 60 per
cento degli imprenditori stranieri, però, non ha mai fatto richiesta di un
prestito alla banca. Ma tra coloro che si sono rivolti agli istituti bancari,
sottolinea ancora la fondazione Moressa, il 92,3 per cento ha visto accolta la
propria richiesta.
Quanto alla facilità di accesso al credito, il
78,1 per cento degli intervistati afferma che non vi siano grosse differenze di
trattamento tra gli imprenditori stranieri e quelli italiani da parte degli
istituti bancari, anche se esiste una buona fetta (20,7 per cento) che dichiara
come i nativi siano avvantaggiati in termini di condizioni economiche del
prestito e quindi di accesso al credito rispetto agli immigrati.
La maggior parte delle imprese condotte dagli
stranieri è di piccola dimensione: quasi due imprese su tre hanno come unico
addetto l’imprenditore, un terzo conta meno di 5 persone, mentre il 3,4 per
cento ha più di sei lavoratori. Il personale occupato è soprattutto straniero:
nella maggior parte dei casi ha la stessa nazionalità dell’imprenditore (62,9
per cento), il 20,8 per cento è di altra nazionalità, mentre il 16,3 per cento
ha alle proprie dipendenze personale di origine italiana.
Gli imprenditori stranieri intervistati sono mediamente giovani (il 40,8 per
cento ha tra i 31 e i 40 anni), hanno un livello di istruzione medio alto (il
32,4 per cento ha il diploma superiore, il 12,8 per cento la laurea), vivono in
Italia da più di dieci anni e sono di origine prevalentemente marocchina (16
per cento), albanese (12,9 per cento) e rumena (11,3 per cento).
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Marco Ratti