Un imprenditore su 10 è straniero

La crescita nell’ultimo anno è stata del +5,7% a fronte di un calo del -1,4% degli italiani. Genova, Milano e Brescia le province più dinamiche

10/08/2011

A giugno di quest’anno si contano oltre 400 mila imprenditori stranieri: questo significa che quasi un imprenditore su dieci è nato all’estero. Ma se il numero di stranieri continua a crescere (+5,7% nell’ultimo anno), quello degli italiani cala (-1,4%). Dal 2006 la presenza di immigrati nell’imprenditoria è aumentata del 38,6%, ma è calata quella degli italiani (-6,6%). Questi i risultati principali emersi da uno studio della Fondazione Moressa che ha analizzato le dinamiche e la struttura dell’imprenditoria straniera facendo riferimento a riferimento agli ultimi dati disponibili di Infocamere.

A giugno 2011 gli imprenditori stranieri sono aumentati del 5,7% su base annua (3,0% solo nei primi sei mesi dell’anno, periodo nel quale gli italiani sono diminuiti dello 0,9) e del 38,6% negli ultimi cinque anni. La presenza straniera si registra soprattutto nel commercio, nelle costruzioni e nella manifattura, dove, rispettivamente, sono attivi il 36,0%, il 29,2% e il 9,1% del totale degli imprenditori stranieri. Ma è nelle costruzioni che il peso dell’imprenditoria etnica si fa più evidente: su dieci imprenditori del settore, quasi due sono stranieri (17,5%). Nell’ultimo anno la presenza imprenditoriale straniera è cresciuta in particolare nei settori dove era ancora marginale: noleggio e supporto alle imprese (+10,4%), sanità e assistenza sociale (+9,5%), professioni (+9,5%), alloggio e ristorazione (8,8%) e nel comparto manifatturiero della meccanica (+7,8%). Per quanto riguarda commercio e costruzioni la variazione annua si attesta, rispettivamente, al 6,1% e al 5,4%.

Le prime cinque nazionalità sono rappresentate da marocchini (13,6%), rumeni (11,1%), cinesi (10,8%), albanesi (7,8%), e svizzeri (5,3%). Nell’ultimo anno sono aumentati in particolare gli imprenditori provenienti dal Bangladesh (+17,7%) e dalla Romania (+10,3%), per i quali si registra inoltre negli ultimi cinque anni una crescita, rispettivamente, del 118,9% e del 148,4%.

La metà degli imprenditori stranieri sono concentrati in venti province, tra cui spiccano le grandi città: Roma che raccoglie l’8% di tutti gli imprenditori stranieri (32.232), Milano con il 6,8% (27.439), e Torino con il 5,1% (20.652). Il peso degli stranieri sul totale degli imprenditori è maggiore a Prato, dove un imprenditore ogni quattro è straniero, seguito da Trieste (16,9%), Firenze (15,2%) e Roma (14,8%).

Tra le file dagli imprenditori stranieri uno su quattro è una donna sebbene la presenza sia molto concentrata in certi settori: in agricoltura le donne sono il 51,3% deegli stranieri, il 35,0% nella manifattura, il 26,3% nel commercio, il 47,1% nell’alloggio e ristorazione e il 35,9% nel noleggio e supporto alle imprese. Le imprenditrici cinesi costituiscono il 43,6% del totale degli imprenditori nati in Cina. A livello provinciale a Prato e Napoli si registra l’incidenza più alta, rispettivamente il 34,8% e il 31,3%.

«Gli imprenditori stranieri,» secondo i ricercatori della Fondazione Leone Moressa «si dimostrano veri e propri attori dello sviluppo, soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale, che li ha visti aumentare mentre diminuiscono gli italiani. La buona vivacità imprenditoriale, dimostrata anche nella prima parte dell’anno, fa riflettere sul loro grado di integrazione nel tessuto economico e sociale del Paese: diventare imprenditore significa prevedere progetti di investimento economico di lungo periodo, significa inserirsi all’interno di una rete di rapporti lavorativi e umani che prevedono una conoscenza approfondita del mercato nel quale si opera. La presenza di imprese condotte da stranieri sarà sempre più capillare nel tessuto imprenditoriale nazionale: per questo motivo il fenomeno deve essere adeguatamente governato, non solo per consentire agli immigrati i medesimi strumenti di sviluppo economico offerto agli italiani (si pensi all’accesso al credito e al sussidio agli investimenti), ma anche per garantire una concorrenza realmente leale tra tutti gli attori che operano nei mercati».

Vedi tabella in allegato

P.M.G.
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