08/02/2012
Come spesso accade, per quanto sembri assurdo, la Corte di
Cassazione è stata chiamata a dare dei chiarimenti su un fatto che anche a
prima vista sembrerebbe avere una risposta ovvia. L'articolo 284 del codice di
procedura penale stabilisce che "1. Con il provvedimento che dispone gli
arresti domiciliari, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi
dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo
pubblico di cura o di assistenza. 2. Quando è necessario, il giudice impone
limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone diverse
da quelle che con lui coabitano o che lo assistono". Bene, la Corte ha
stabilito che chi si trova agli arresti domiciliari non può utilizzare il
servizio di chat su Facebook. A maggior ragione se, come nel caso di specie,
viene appurato che con questo strumento l'imputato comunicava serenamente con
un suo coimputato. Nel ricorso presentato il detenuto si è difeso sostenendo
che nel provvedimento inflittogli non era specificato che il divieto di
comunicare con terzi comprendesse anche le comunicazioni a distanza. La
Cassazione ha respinto tale ricorso pur non negando in assoluto l'utilizzo di
Internet che è invece consentito purché per ragioni puramente conoscitive.
Alberta Perolo