01/02/2012
È una delle cause più frequenti di licenziamento. Il numero
spropositato di assenze dal luogo di lavoro è al centro di accesi dibattiti e
la Cassazione è stata chiamata a intervenire con sentenza n. 1062, che ha
rigettato il ricorso proposto da un'azienda che aveva licenziato una dipendente
dopo aver verificato che la donna, in giorni "casualmente" successivi
a festività e ferie, in maniera recidiva, non si presentava sul posto di
lavoro. Il fatto è che, secondo i giudici "in tema di licenziamento per
giusta causa, quando vengano contestati al dipendente diversi episodi rilevanti
sul piano disciplinare, deve escludersi che il giudice di merito possa
esaminarli atomisticamente, attesa la necessaria considerazione della loro
concatenazione ai fini della valutazione delle gravità dei fatti, ciò non
escludendo, tuttavia, che il comportamento che giustifica la sanzione espulsiva
possa essere individuato anche in uno solo di essi, se lo stesso presenti il
carattere di gravità richiesto dalla legge".
Una giurisprudenza ormai consolidata infatti è
orientata a far valere il principio in base al quale il datore di lavoro, che
già una volta abbia fatto valere il potere disciplinare nei confronti del
dipendente in relazione a determinati fatti costituenti infrazioni
disciplinari, non possa esercitare una seconda volta, per questi stessi fatti,
il detto potere ormai consumato. L'articolo 7 della legge 20 maggio 1970 n.300
vincola il datore di lavoro a tenere conto della sanzione applicata entro il
biennio. Nel caso in esame, dunque, non essendoci stata contestazione di una
nuova infrazione, il datore di lavoro non si può rifare a precedenti mancanze.