12/01/2012
Questione di fiducia. Quella che secondo una Compagnia
telefonica era venuta meno nei confronti di un proprio dipendente, licenziato
in tronco, reo di aver attivato tariffe telefoniche promozionali su schede
di utenze personali o riconducibili a
parenti e amici. Con ordinanza n. 29628 la Corte di Cassazione, confermando la
sentenza della Corte d’Appello, ha stabilito che "il giudice di merito
deve valutare la congruità della sanzione espulsiva tenendo conto di ogni
aspetto concreto della vicenda che, alla luce di un apprezzamento unitario e
sistematico, risulti sintomatico della gravità rispetto a un utile prosecuzione
del rapporto di lavoro, assegnandosi a tal fine preminente rilievo sia alla
configurazione che delle mancanze addebitate faccia la contrattazione
collettiva, che all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di
affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente, alla precedenti
modalità di attuazione del rapporto, alla sua particolare natura e
tipologia".
Il licenziamento era già stato respinto dal Giudice
d'Appello che aveva ritenuto
sproporzionato tale provvedimento rispetto al comportamento contestato.
Inoltre, stando al giudice di merito, la Compagnia telefonica non poteva
nemmeno fare appello a una regola aziendale chiara e univoca, conosciuta
senz'altro da tutti i dipendenti, che stilasse una lista nera dei tipi di
attivazione vietati e dei soggetti destinatari del divieto. Insomma, il
dipendente se l'è vista brutta ma alla fine il contratto collettivo nazionale
di lavoro l'ha tutelato.
Alberta Perolo