20/03/2012
Contro la decisione della Corte d'appello che aveva
dichiarato risolto il contratto di locazione di un immobile a uso commerciale
per inadempimento del conduttore, quest'ultimo aveva proposto ricorso in
Cassazione. Motivo del contendere, l'effettuazione di lavori importanti senza
il consenso della locatrice, così come previsto dal contratto. Due i pilastri
su cui si è fondato il ricorso: il primo tratta di insufficiente circa il
consenso prestato dalla locatrice ai lavori, eseguiti nell'immobile di sua
proprietà e in merito alla validità del consenso medesimo per difetto di prova;
il secondo, invece, fa leva sulla contraddittorietà e l'insufficienza della
motivazione circa la valutazione della gravità dell'inadempimento e la
conseguente risoluzione del contratto.
La Cassazione ha confermato la decisione della Corte
d'appello allorché ha ritenuto che, nel caso in esame, nessun consenso tacito
fosse stato dato dalla locatrice per l'effettuazione dei lavori importanti
eseguiti nel suo immobile dal conduttore. Si legge nella sentenza: «In altri
termini, il giudice dell'appello ha fatto proprio quell'indirizzo ormai
prevalente e che va ribadito secondo il quale per i contratti che richiedono la
forma scritta ad substantiam, la clausola contrattuale, che prevedeva una
risoluzione ipso jure, fosse sì una clausola di stile, ma rientrante nella
autonomia delle parti, per cui doveva essere provata la configurabilità di
avvalersi della rinuncia, anche perché a seguito dei risultati emergenti dalle
deposizioni testimoniali, è risultata mancante la prova del preteso previo
consenso orale della locatrice».
Alberta Perolo