17/10/2011
Due donne, due amiche, una passione in comune che le ha
messe una contro l’altra. è il
curioso destino che ha investito queste accanite giocatrici del lotto. Tra
settembre 2001 e marzo 2002 scommettono oltre 100.000 euro sul numero
ritardatario 14, ruota di Genova. Ad anticipare il denaro sembra sia sempre la
stessa che, ad un certo punto, decide di smettere e chiede alla
"socia", così come pareva fossero d’accordo, il rimborso della metà
della cifra fino a quel momento spesa. L’amica, però, non ne vuole sapere di
sborsare 50.000 euro e inizia così un lungo tira e molla giudiziario. La
convenuta si è difesa asserendo di non aver mai stretto alcun accordo ed
eccependo comunque, trattandosi di debito di gioco, l’incoercibilità della
pretesa promessa ai sensi dell’articolo 1933 del codice civile. Il Tribunale
decide di respingere il ricorso: quei soldi non le spettano. In appello, la soccombente fa leva sul rilievo che
l’accordo intercorso era collegato a un gioco autorizzato dallo Stato e
pertanto si doveva ritenere munito di azione in giudizio ai sensi dell’articolo
2935 del codice civile: la Corte di Appello di Torino conferma però la
decisione di primo grado ritenendo che l’articolo 1935 sia applicabile solo nei
rapporti diretti tra il giocatore e l’organizzatore del gioco autorizzato; non,
invece, nei rapporti tra giocatori.
Alla Cassazione l’ultima parola: «Va premesso che la stessa
ricorrente afferma di avere anticipato alla controparte il denaro per le
giocate nell’ambito di un rapporto nel quale entrambe intendevano correre i
rischi del gioco, dividendone le spese e le eventuali vincite.
Essa pertanto
non può invocare in suo favore i principi più volte enunciati dalla
giurisprudenza in tema di mutuo fra giocatori,
secondo cui il mutuante ha normalmente azione in giudizio per la restituzione
delle somme mutuate, salvo che si dimostri che egli stesso abbia voluto
partecipare al gioco o avesse un diretto interesse a favorire la partecipazione
al gioco del mutuatario». La ricorrente fonda la sua pretesa su principi
diversi, cioè sul fatto che l’accordo stipulato (di cui la controparte contesta
l’esistenza) è collegato a un gioco autorizzato e pertanto da sottoporre alla
disposizione dell’articolo 1935.
Tale tesi per la Cassazione non può essere in alcun modo
condivisa: "L’art. 1935 cod. civ. dispone che "Le lotterie danno
luogo ad azione in giudizio, quando siano legalmente autorizzate", facendo
espresso riferimento ai rapporti del giocatore con la lotteria, cioè con l’ente
che gestisce il gioco autorizzato». Nulla, invece, autorizza ad estendere la medesima
disciplina ai molteplici e variegati accordi che possono ruotare intorno al
giocatore e ai suoi compari, ma che non vengono ad assumere alcuna evidenza
esterna, né alcun rilievo, nei confronti dell’ente organizzatore del gioco.
Le leggi che regolano il gioco del lotto, citate dalla
ricorrente, non contengono alcun accenno a tal genere di accordi e neppure formalmente prevedono la possibilità che
la ricevuta della giocata sia intestata a più persone. L’eventuale intestazione
plurima darebbe senz’altro luogo ad azione in giudizio, venendo a istituire un
rapporto diretto tra i giocatori e la lotteria. «Ma la stessa regola non può
valere per gli accordi meramente privati fra i giocatori».
In conclusione: gli accordi privati che ruotano intorno
al gioco, ancorché autorizzato, restano al di fuori di ogni regolamentazione, affidati alle passioni e alle influenze
reciproche, nell’ambito di quei rapporti sociali che (non a caso) la legge
considera non meritevoli di tutela.
Alberta Perolo