Quando il tetto non è spesa di tutti

Se si tratta di un blocco condominiale unico, ma i lavori riguardano un altro edificio non si paga

06/03/2012

Il proprietario di un appartamento sito in un condominio si è visto respingere dal Tribunale la domanda diretta a far dichiarare la nullità e l'annullamento della delibera assunta nel 1996 dall'assemblea condominiale, che aveva approvato il rendiconto dell'esercizio dell'anno precedente e ripartite le spese di manutenzione del tetto, nonché una precedente deliberazione del 1985 che aveva stabilito la ripartizione di tali spese a carico di tutti i condomini. Il giudice di primo grado ha affermato che tale ultima deliberazione "deve ritenersi nulla in quanto, tenuto conto che il condominio era composto da blocchi di edifici separati, ciascuno dotato di un proprio tetto, essa, ponendo la spesa a carico di tutti i condomini e non solo di quelli del singolo edificio aveva seguito un criterio di riparto contrastante con quello dettato dall'articolo 1123, comma 3, cod. civ., sicché avrebbe dovuto essere approvata all'unanimità e non a semplice maggioranza". Il problema, però, era nato nella parte in cui il giudice aggiungeva che tale deliberazione era stata sostanzialmente accettata dal condomino, cosa dimostrata dal pagamento delle spese, negli anni successivi, secondo quanto stabilito dalla delibera manifestando così per "facta concludentia" la propria adesione tacita a quanto stabilito. La Corte di Appello ha però successivamente riformato al decisione del giudice di primo grado: "Dopo aver rilevato che non aveva formato oggetto di impugnazione incidentale da parte del condominio la decisione del tribunale laddove aveva affermato che esso era formato da blocchi di edifici separati, ciascuno dotato di un proprio tetto, (la Corte d'Apello) dichiarò nulle entrambe le delibere impugnate; quella adottata nel 1985, che poneva le spese di manutenzione di ogni singolo tetto a carico di tutti i condomini, in quanto essa regolava una spese di un bene non comune ai condomini e quindi estraneo alla competenze dell'assemblea e comunque, anche a ritenere il bene comune, perché derogava a maggioranza e non all'unanimità al criterio posto in materia dell'art. 1123 cod. civ.; quella del 1996 in quanto non adottata con atto scritto". La causa tra ricorsi e contro-ricorsi è finita in Cassazione che, di fatto, ha solo corretto la motivazione della sentenza impugnata in appello. La decisione impugnata ha dichiarato la nullità della delibera del 1985 in forza di due distinte ed autonome argomentazioni, capaci, ciascuna, di sorreggere la conclusione accolta: "L'una rappresentata dalla considerazione che l'assemblea aveva deliberato su un bene non comune a tutti i condomini, per essere il condominio composto da blocchi di edifici distinti; l'altra, costituita dalla accertata violazione del criterio dell'unanimità, necessario, anche nel caso in cui il bene in questione sia da qualificarsi comune, laddove l'assemblea condominiale intenda adottare un criterio di riaprtizione della spesa diverso da quello posto dall'art. 1123 cod. civ.".

Alberta Perolo
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