Ricette, chi firma in bianco dichiara il falso

Duro ammonimento della Corte di Cassazione ai medici che timbrano prescrizioni senza specificare medicinali, dosaggi e durata della cura

07/04/2011

La sentenza n. 13315 della Corte di Cassazione è intervenuta a chiarire un tema molto delicato, spesso oggetto di abusi che possono avere effetti molto pericolosi sulla salute dei malati. Il disposto dei giudici, infatti, sancisce che le prescrizioni farmacologiche “in bianco” integrano gli estremi del reato di falso ideologico oltre all’esercizio abusivo della professione. “Il farmaco – si legge nella sentenza – non è un comune bene di consumo poiché oltre ad essere utile è un prodotto pericoloso anche in condizioni normali di utilizzazione, il cui acquisto deve pertanto essere effettuato sotto il controllo del medico”. Nel caso in esame protagonisti negativi sono un gruppo di medici che avevano l’abitudine di firmare ricette “in bianco” e di alcuni farmacisti che, a seconda delle richieste del cliente-paziente, compilavano le ricette consegnate dai medici. “Quand'anche la legge non esiga che sia sempre preceduta da una visita dell'assistito, la prescrizione della terapia non può prescindere da un effettivo contatto tra medico e paziente per uno scambio di informazioni in ordine alle affezioni denunciate, al fine di consentire al medico di esprimere la valutazione del presidio medico più utile e appropriato alla cura… la somministrazione del farmaco da parte del farmacista deve sempre essere collegata ad una attuale necessità, così come valutata di volta in volta dal medico che lo ha prescritto”: questo l’indirizzo deciso della Corte che, nonostante la prescrizione del reato, stabilendo i risarcimenti per le parti civili ha mantenuto in piedi la responsabilità di tutti gli imputati.

Alberto Picci
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