28/09/2011
Ufficio. Qualcosa non ha
funzionato. Il capo rimprovera il dipendente che, colto da un attacco d'ira,
lascia il posto di lavoro. L'azienda, di fronte a questa situazione, opta per
il licenziamento contro cui il lavoratore fa ricorso. La sentenza 18955 della
Corte di Cassazione dirime la questione disponendo che il dipendente non può
essere licenziato poiché il suo comportamento, di per sé, non rientra nella
categoria delle giuste cause di recesso.
La Corte d'Appello aveva
ritenuto che lo scatto d'ira e il conseguente abbandono del posto di lavoro non
costituissero, di fatto, "grave insubordinazione" e nemmeno un
comportamento che violasse i doveri fondamentali. Confermando l'obbligo di
reintegrazione del lavoratore, la Corte di Cassazione ha aggiunto che la
previsione del licenziamento nel codice disciplinare aziendale presuppone la
pubblica affissione dello stesso all'interno dei locali dell'impresa: infatti,
nel caso di specie, la situazione creatasi faceva riferimento a regole di
comportamento fissate in fase di trattativa contrattuale e non a generici
obblighi di legge. Anche in fase di contrattazione collettiva, in ogni caso,
l'abbandono del posto di lavoro senza giustificato motivo è sanzionabile solo
con l'ammonizione, la multa o la sospensione.
Alberta Perolo