09/02/2012
Impiego fisso o meno, c'è un altro problema che interessa
chi si barcamena nel mondo del lavoro. Stiamo parlando dei salari che
dovrebbero essere adeguati alle mansioni e al tipo di prestazioni
effettivamente svolte, ma che troppo spesso diventano quasi un'arma di ricatto
(al ribasso) da parte dei datori di lavoro. È dunque interessante il disposto
della sentenza 4290/2012 con cui la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso
presentato da un "imprenditore" accusato di estorsione il quale
chiedeva la revoca degli arresti domiciliari. Nel caso esaminato, al momento
del pagamento dello stipendio, i lavoratori da un lato firmavano una quietanza
corrispondente all'importo della busta paga, dall'altra, però, erano costretti
a restituire in contanti la differenza sotto la minaccia di licenziamento. In
altre parole il lavoratore, per lavorare, doveva accettare non solo di essere
sottopagato ma di fare le cose in regola agli occhi della legge con tanto di
firma sulla quietanza che accompagnava la busta paga.
Alberta Perolo