02/01/2012
"Vacanze di guerra - L’odissea dei bambini italiani di Libia" sarà proposto da La Grande Storia, stasera alle 23.00 su Rai3. La puntata, per la regia di
Alessandro Rossetto, racconta la "lunga estate" di 13.000 bambini
italiani, partiti nel 1940 dalla Libia per passare un mese di vacanza in
Italia in riva al mare e rimasti bloccati nelle colonie
estive dell'Adriatico per sette anni a causa della guerra.
Il 1 giugno 1940, mentre le truppe
hitleriane stanno travolgendo Parigi, sei grandi navi della Marina
Militare Italiana lasciano la Libia, dirette verso l’Adriatico
settentrionale. A bordo non ci sono soldati, ma bambini, 13.000 bambini,
tra i quattro e i dodici anni tutti figli di quei ventimila contadini
che il regime ha convinto pochi mesi prima a mettere radici sulla
“quarta sponda” d’Italia. I genitori li salutano dalla banchina del
porto. I bambini sono invitati a passare un mese di vacanza di sole e
mare tra Cattolica, Igea Marina e Cesenatico.
Pochi giorni dopo, il
10 giugno, l’Italia entra in guerra a fianco del terzo Reich. Le navi
servono alla guerra, e il Mediterraneo è sotto il controllo dalla Marina
inglese. Il ritorno è rimandato mese dopo mese. Per i piccoli coloni
comincia una sorta di sequestro organizzato che li strapperà alle loro
famiglie per più di sette anni.Quando poi nel 1943 la guerra dilaga
tra i civili, i bambini vengono rifugiati in istituti privati e collegi.
Molti di loro tentano la fuga per raggiungere i loro genitori e di loro
si perdono le tracce.Man mano che gli alleati risalgono l’Italia, i
ragazzi vengono affidati alla Croce Rossa Internazionale gestita dal
governo inglese. La CRI li raduna e per anni cercherà di rimandarli alle
famiglie di origine ma in Libia tutto è cambiato. Migliaia di
bambini, partiti con un grembiulino estivo e i sandaletti per una breve
vacanza lontano dai genitori, ritorneranno a casa ormai adulti, in un
mondo trasformato da anni di conflitto. Per molti di loro nessun ritorno
sarà possibile, per altri sarà possibile soltanto contemplare le
rovine di quelle che un tempo erano state le loro case.
Silvio Magnozzi