22/02/2011
la copertina dell'autobiografia della nota ex cantante e conduttrice televisiva Wilma De Angelis.
«Mia mamma non mi ci voleva proprio, in cucina. Secondo lei, facevo solo disastri. Bruciavo le salse. Rovesciavo le padelle. Mi diceva, in milanese: “Te se bona de fa’ nagott”, non sai far niente. Rispettavo quel suo mondo: la cucina era il suo spazio o potevo solo osservarla lavorare. Era un’orfana della Prima guerra mondiale, molto in gamba, ma anche dura. Le devo tutto e a trentacinque anni dalla sua scomparsa, mi manca ancora tanto».
Chi racconta questa storia di vita in cucina è forse la “cuoca” più famosa d’Italia: Wilma De Angelis, classe 1931, milanese, una bella carriera come cantante (chi non ricorda la sua Casetta in Canadà e Patatina, diventata di recente jingle di uno spot di patatine?), poi una lunga esperienza televisiva come conduttrice di trasmissioni di cucina. È stata lei l’antesignana de La Prova del cuoco e di tutti gli altri, infiniti programmi di padelle in tivù.
«Come dicevo, ero abbastanza negata in cucina. Quando, nel 1979, Paolo Limiti, mio caro amico e allora direttore artistico di Tele MonteCarlo, mi propose di condurre la prima trasmissione italiana di videoricette, gli dissi subito di no, che non se ne parlava neanche. Lui mi convinse, spiegandomi che non avrei dovuto far nulla di mia iniziativa e che mi avrebbe affiancato un vero chef. Dovevo solo copiare i suoi gesti e spiegare menù e ingredienti in modo simpatico. Aggiunse: “Quello tu lo sai fare bene”».
– Così nacquero, dunque, Telemenù, Sale, pepe e fantasia, La spesa di Wilma, Complimenti allo chef e A pranzo con Wilma, le trasmissioni che l’hanno fatta conoscere al grande pubblico come esperta di cucina.
«In verità, i primi tempi ripetevo a pappagallo quello che mi spiegava Lucio Nocentini, il fantastico chef che mi affiancava allora. Mi dissero subito, però, che la mia gestualità in cucina era perfetta, qualcosa di innato».
– Forse, inconsciamente, ha imparato osservando sua madre...
«È stata la mia maestra in tutto. Ancora oggi, quando devo prendere una decisione importante, penso a cosa avrebbe detto lei. Se penso che direbbe: “Chela roba lì la va minga ben” (quello che stai facendo non va bene), cambio idea. La cucina è davvero un passaggio di mano da una generazione all’altra. Ho scritto diversi libri e nell’ultimo, appena uscito (Spaghetti, Wilma, Insalatina e una tazzina di caffè, Mursia) è un’autobiografia gastronomica. Ci sono i ricordi della cucina milanese di casa mia. Ricordo ancora una minestra che mi faceva la nonna. Preparava prima un battuto d’aglio, lardo e prezzemolo. Il risultato era ottimo, ma non ho mai provato a ripetere quella ricetta, certa che ne avrei una delusione. Il libro è scritto a quattro mani con Lucio Nocentini, di origini toscane. Lui vi ha apportato i suoi ricordi familiari. Apprezzo che anche voi di Famiglia Cristiana, con la vostra collana “La cucina come una volta”, abbiate voluto riscoprire il vecchio modo di mettersi ai fornelli. La semplicità all’antica è la miglior dote per qualsiasi cuoco».
di Giusi Galimberti