Orologi: ritorno al classico

Ritorno alla tradizione con quadranti tondi e bracciali in acciaio o pelle. Mentre il mercato riprende, si rafforza quello nero dei brand contraffatti. Specie su Internet.

07/05/2011
Il presidente di Assorologi Mario Peserico.
Il presidente di Assorologi Mario Peserico.

Piacciono anche coloratissimi, addirittura in toni elettrici e fluò. Ma la vera novità per quanto concerne il settore degli orologi da polso per questa stagione, vista soprattutto alla Fiera specializzata di Basilea, in Svizzera, è il ritorno al classico.

     Secondo i dati elaborati da Gfk Retail & Technology per Assorologi il tipo di orologio maggiormente venduto nel 2010 è stato il “solo tempo” (81% in quantità e 69% a valore). Si conferma la leadership del movimento al quarzo (81% a quantità e 54% a valore). Prevalgono, anche se in calo, la cassa in acciaio (72% a valore) ed il bracciale in metallo (44% a valore). Resta nettamente privilegiato il quadrante analogico (87% a valore).


     Insomma, torna la voglia di accessori senza tempo, versatili e perciò adatti a tutti gli stili e a ogni occasione. L'idea dell'orologio usa e getta, che si cambia a seconda dell'umore e del vestito, insomma, non va più.

     Nel corso del 2010 in Italia sono stati venduti 7,5 milioni di orologi da polso, per un valore di 1,23 miliardi di euro: questi i dati globali elaborati nell'indagine annuale sugli acquisti di orologi da polso in Italia.

     Dopo un 2009 particolarmente problematico, nel 2010 si intravedono timidi segnali di risveglio: + 3,4% a quantità e sostanziale equilibrio a valore. Prosegue il calo del prezzo medio che si attesta sui 164 euro, rispetto ai 172 del 2009. Il canale tradizionale (gioiellerie ed orologerie) resta quello privilegiato, (44% degli acquisti in quantità e 58% a valore), ma perde terreno a vantaggio delle gioiellerie poste all’interno di centri commerciali (20% a quantità e 19,5% a valore). Cresce leggermente anche il canale Internet: 2% a quantità e 4,4% a valore.


      «Siamo moderatamente ottimisti sulla possibilità di ripresa del mercato», afferma il presidente di Assorologi Mario Peserico. «Il segno positivo registrato già nel 2010 relativamente ai volumi venduti è un chiaro segnale di interesse del consumatore italiano verso l’orologeria. Sarà ora importante verificare l’andamento delle vendite nel bimestre maggio–giugno, tradizionalmente uno dei periodi più importanti per il settore». 

    

Un nuovo modello in ceramica di Emporio Armani.
Un nuovo modello in ceramica di Emporio Armani.

Internet rappresenta una realtà molto importante per l’orologeria sotto il profilo delle vendite e della pubblicizzazione, ma è anche un formidabile veicolo della contraffazione. E’ quanto emerge dalla innovativa ricerca realizzata da Convey per Assorologi.


      L’indagine si è articolata su tre livelli: la dimensione mondiale della presenza dell’orologeria sul web, l’analisi delle pagine in lingua italiana dedicate all’orologio ed un focus sui social media in Italia.

     Ne sono emersi dati di assoluto interesse: 1,4 miliardi di pagine web parlano di orologi; circa 300 milioni di orologi viene proposto in vendita tramite siti di e-commerce, mentre le aste propongono circa 3 milioni di pezzi; il web 2.0 (blog, forum ed altro) veicola approssimativamente 50 milioni di “discussioni” sull'orologio; le pagine fondatamente sospette di contraffazione sono il 22% del totale, cioè 300 milioni.

     Per quanto riguarda le pagine in lingua italiana, su 17.000 pagine analizzate emerge che il 9% sono sospette di veicolare contraffazione e che il 60% di queste risiede su server situati all’estero (ad esempio Stati Uniti, Paesi Bassi, Malesia); la contraffazione predilige siti di e-commerce, blog e annunci.

     «Il fenomeno della contraffazione nel settore dell’orologeria si conferma estremamente diffuso e capillare e molto radicato nel mondo Internet - afferma il presidente di Assorologi Mario Peserico. La nostra associazione continuerà a presidiare questo tema sia a livello di studio che di iniziative concrete, anche cercando sinergie con le istituzioni preposte e con altre realtà che condividono le medesime preoccupazioni». 

      

Giusi Galimberti
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