09/06/2010
C’è chi lo usa come antidepressivo. E chi invece si deprime al solo pensiero perché non se lo può permettere. Lo shopping è così: delizia per coloro che possono spendere centinaia di euro per un paio di scarpe dal tacco vertiginoso, all’ultima moda (griffate naturalmente!) e che forse metteranno una sola volta nella vita, e croce per coloro che prima di fare i conti alla cassa del mercato (perché comprare in negozio costa troppo), devono fare i conti con la crisi. È sempre la solita storia. Chi spende anche in modo incosciente, perché può. E chi non spende perché non può, non lo ritiene etico o semplicemente non è interessato alle mode. Ma non esistono soltanto queste due tipologie di consumatori.
Dall’indagine annuale, effettuata dalla divisione SIGN dell'agenzia milanese Marketing & Trade su un campione di 3000 persone, emerge che gli italiani assumono sei differenti comportamenti di fronte allo shopping. E voi a quale categoria appartenete? Guardate qui.
I love shopping. Sono i maniaci degli acquisti. La loro parola d’ordine è “consumismo”. Non hanno vincoli di budget e hanno un’istruzione media. Sono la cosiddetta “massa”, con cui le statistiche identificano il consumatore medio. Acquistano per autogratificarsi. Si divertono a visitare negozi reali e virtuali, perché per loro il punto vendita è una esperienza! Preferiscono i centri commerciali, i multimediastore, l’ottica, i multiplex e l’elettronica di consumo. Non frequentano i discount.
I mangiatori di patate. Fanno fatica a far quadrare i conti. Sono le famiglie travolte dalla crisi, che spesso devono rinunciare ad acquistare per mancanza di risorse. Comprano il minimo indispensabile nel minor tempo possibile e in un ambiente pulito. Il luogo preferito per fare acquisti è il discount.
I vicerè. Considerano lo shopping cultura, non divertimento: il loro è consumo, non consumismo. È una categoria di acquirenti matura che vive prevalentemente al Nord. Di norma non ha problemi economici. Per questi consumatori, fare shopping è un’attività consapevole e razionale, da svolgere per lo più in centro. Il negozio valorizza la merce, non è una icona o una moda come i moderni concept store. Prediligono spendere in ristoranti e abbigliamento.
La critica della ragion pura. Fare compere è una scelta, non un obbligo, per i consumatori critici nei confronti di marche, formati e insegne. Sono considerati l’élite del Paese. Vivono al Nord e lavorano nel settore terziario. Sono giovani molto informati e spesso hanno un reddito superiore alla media. Anticipano le tendenze e i prodotti. Non subiscono le mode, ma cercano e vogliono distinguersi dalla massa. Pongono la qualità del prodotto sopra ogni cosa: dalle materie prime al rapporto con il prezzo, alle nicchie di mercato.
Gli indifferenti. Sono giovani istruiti, per lo più del Sud Italia, che vivono in famiglia. Il loro è puro disinteresse per lo shopping: non è dettato da una critica al sistema globale. A orientarli negli acquisti è la moda del momento, l’imitazione dei compagni, per far parte del gruppo. Frequentano i luoghi delle vasche del sabato pomeriggio: centri commerciali e centro cittadino.
Ok il prezzo è giusto. Per loro shopping fa rima con “affare”: è una ricerca quotidiana del prezzo più conveniente, in relazione alle proprie disponibilità. Fanno parte della categoria casalinghe anziane e pensionati con reddito basso che hanno il tempo per verificare prezzi e stabilire dove è meglio acquistare. Molto attenti alla freschezza dei prodotti, alle marche e alla quantità degli acquisti, prediligono mercati e supermercati. Specchio della società che cambia, questi sei profili di consumatori mettono in evidenza un importante aspetto. Secondo l’indagine, rispetto al 2009, gli italiani usano maggiore cautela nei consumi. Chi era già attento negli acquisti lo scorso anno quest’anno lo è di più. E chi era critico ora è ancora più informato.
Laura La Pietra