Marco Mengoni, il re matto racconta

Abbiamo intervistato il giovane cantante lanciato da X-Factor. È lui il più amato in Europa dai fan, che lo hanno eletto cantante europeo dell'anno agli MTV Awards.

11/11/2010
Marco Mengoni
Marco Mengoni

Lo seguono dappertutto: sui blog, sui siti (la pagina ufficiale di Facebook conta 210 mila iscritti, più di quelli di Laura Pausini, Elisa o Biagio Antonacci). Fanno la fila negli store per farsi firmare il cd o la maglietta. Sono i “mengonizzati” o le Regine Matte, il soprannome con cui amano definirsi su internet le teenager innamoratissime di Marco Mengoni. 

I fans di Mengoni sono sicuramente i più fans (nel senso letterale inglese di fanatics, fanatici) d'Europa. Talmente sfegatati, da avere battuto con i loro clic di voto su internet tutti i fans d'Europa. Grazie a loro, Marco Mengoni si è aggiudicato a Madrid il Best Act europeo, il premio che MTV assegna ogni anno al miglior cantante d'Europa. Marco Mengoni si era già aggiudicato il Best Act italiano a maggio ed è entrato a gran diritto nella lizza dei cinque cantanti candidati dalla giuria di esperti internazionali anche come miglior cantante d'Europa.
 
  Il suo pubblico gli ha attribuito il 40% dei voti, classificandolo al primo posto. Dietro di lui, con solo il 15% dei voti, Enrique Iglesias, spagnolo, star di fama internazionale che vanta ben sette milioni di fans su facebook. Ironico e umile come sempre il "nostro" giovane cantante ha dichiarato: "Vincere il Best European Act è come compiere 18 anni, Aspetti quel momento con ansia, perché da quel giorno sembra che tutto possa cambiare, ti svegli il giorno dopo e tutto è restato uguale, anche se per la società hai acquistato un altro valore". Lui che all'indomani della vittoria a X-Factor, aveva scelto di definirsi Re Matto, proprio per ricordare prima di tutto a se stesso, che dopo quel podio tutto era esattamente come prima. Non un re, niente. Lo stesso Marco un po' matto e scanzonato di sempre. 

    Ventuno anni (è nato il giorno di Natale del 1988), il giovane cantautore di Ronciglione (Viterbo), lanciato da X Factor (dove non era mai finito in ballottaggio), è stato terzo classificato anche all'ultimo Sanremo. La sua voce è tre le più originali del panorama della musica italiana. Acuti altissimi su una voce che a tratti è morbida, avvolgente, quasi da jazz-blues. Ha una presenza scenica da artista consumato. Ed è pure un bel ragazzo, fatto che appunto gli è valso quello zoccolo duro di fan che non hanno mai smesso di votarlo.

   I “mengonizzati” sono stati accontentati: Marco ha vinto due dischi di platino, il primo con il cd nato da X-Factor, in cui figuravano gli inediti Dove si vola e Lontanissimo da te e alcune cover come Psycho Killer dei Talking Heads, Insieme a te sto bene di Lucio Battisti e Almeno tu nell’universo, commovente capolavoro musicale di Mia Martini; il secondo con  il primo cd inedito Re matto, da cui sono stati estratti tre singoli, il successo sanremese Credimi ancora, Stanco (Deeper inside) e In un giorno qualunque. Da qualche settimana è primo in classifica con l'album Re Matto Live, che racchiude il meglio del suo tour appena concluso.

Abbiamo incontrato Marco Mengoni a Milano, proprio durante il suo tour.
“Al concerto non ci sono solo le ragazzine che ho incontrato in questi mesi. Ho visto un pubblico vasto: anche tanti ragazzi e persone di tutte le età, persino cinquanta e sessantenni. Cantano tutto e quindi mi lasciano anche qualche pausa. Credimi ancora la cantano quasi solo loro”. ­

- Hai fatto anche delle cover che non erano nel cd. Le tue giovani fan sembravano non conoscere le parole…

“Nel concerto ci sono tante cover nuove, per loro inaspettate. Pezzi dei Beatles, Rolling Stones, Eric Clapton. Le teenager rimangono spiazzate. Mi piace insegnare la musica. È come se dicessi loro: ragazze, questi sono i personaggi e i gruppi che hanno inventato il pop e il rock di oggi. Dobbiamo dir loro grazie”.

- Sappiamo che uno dei tuoi sogni è duettare con Lady Gaga.

“La stimo molto. Quando è uscita con i suoi cd, alcuni l’hanno vista come un semplice fenomeno di glam. In verità, se vai a scavare, gli arrangiamenti, i suoni, il modo di cantare, beh, lei ha fatto veramente una rivoluzione. Dicono che è la nuova Madonna, ma è una cosa diversa. Forse migliore, perché è una musicista che scrive per tanti altri”.

- Nel tuo spettacolo sei vestito da uno stilista importante come Neil Barrett. Sei attento alla moda?

“Alla moda non tanto, ma all’estetica sì. Vengo da un istituto d’arte e lì mi hanno insegnato che l’estetica, unita al messaggio che vuoi dare, qualunque sia, aiuta a far capire. Questo vale anche nella musica”.

- Nel tuo disco ci sono pezzi di molti generi. Qual è lo stile in cui ti riconosci di più?

“Spero che un giorno esisterà il genere Marco Mengoni. Anche se, naturalmente, ci devo lavorare. Non è che ti inventi un genere così all’improvviso. In fondo appena otto, dieci mesi fa non mi sarei mai immaginato quello che mi sta succedendo".

- Ti sei comunque inventato un modo di cantare. In concerto, nonostante i cori, sovrasti tutti con i tuoi acuti. Dev’essere uno sforzo sostenerli per tutta la durata dello spettacolo…

“La cantante Elisa, con cui ho parlato prima del tour, mi ha chiesto se avevo dei momenti con almeno tre date di seguito. E ha aggiunto: se è così, vai dalla mia foniatra. La sua dottoressa, che poi mi ha visitato, ha detto che ho le corde vocali piccole, sottilissime: per questo non faccio fatica a cantare in questo modo. Sono io, è il mio modo naturale: una questione fisica”.

- Alla fine dello spettacolo, hai speso un quarto d’ora per ringraziare tutti quelli che lavorano con te. Sembri una persona educata. È una parte di te?

“Dovrebbe fare parte di tutte le persone che sono state veramente sostenute. Prima non avevo un pubblico ma ho avuto persone che hanno creduto in me, che umanamente e professionalmente mi hanno fatto crescere e mi sono state vicine. Poi se ne sono aggiunte altre, come per esempio Luca Tomassini  (noto coreografo della Rai, n.d.r), che ha messo una grande passione nella regia del tour. Abbiamo passato giornate intere a montare lo spettacolo. Quasi senza dormire la notte, per trovare le idee giuste, che spero piacciano alla gente”.

- Ci sono balletti e scenografie semplici ma emozionanti. A un certo punto i ballerini mimano una scena da toreri, con battiti violenti di piedi da flamenco. Cosa significa?

“Le idee sono state messe giù da Luca Tommasini, Stella Fabiani, la mia produttrice, e naturalmente da me. La canzone che canto in quel momento si intitola La guerra. Ogni giorno il torero fa una guerra contro il toro. Io detesto la corrida. Non sono un animalista convinto, ma tengo tantissimo alla natura. Ritengo sia troppo cruenta. Il torero è la rappresentazione del soldato. Mettere sulla scena dei finti soldati sarebbe stato scontato, non ci piaceva. La guerra ognuno la fa ogni giorno, con se stesso prima di tutto. Ogni giorno ti alzi con problemi e ostacoli da superare. Un concetto che abbiamo cercato di mettere in musica e nel ballo. La canzone finisce con le parole emotional rain, pioggia emozionale. Sembra un’insieme di parole senza senso. Ogni volta che litighi con una persona, ogni volta che soffri per qualcosa, arriva la pioggia che lava via tutto. Quando arriva il pianto è come se portasse via tutto. Arriva la riflessione. Ogni battito dei piedi del flamenco è una sofferenza e insieme una riflessione”. 

- Tu sei giovanissimo. Quanto ti hanno aiutato i tuoi genitori?

“Sono stati importantissimi, perché mi hanno lasciato libero. Di sbagliare e di rialzarmi da solo. Non mi hanno mai teso la mano. Hanno detto: okay, vuoi fare questa cosa, falla. Già a quattordici anni, quando ho detto che volevo andare a lavorare, e poi a diciotto quando ho scelto di andare a vivere da solo. Papà mi ha detto: vai, ma trovati un lavoro, l’affitto della casa non te lo pago io. È una tua scelta. Ho fatto il cameriere e arrivavo alla fine del mese con 15 euro per fare la spesa al discount. Du’cotolette e via…”.

- Da cameriere a cantante. Cosa pensi di quel passato?

“Per me, fare il cameriere è uno dei mestieri più belli del mondo. Mi ha insegnato tanto, mi ha aperto gli orizzonti e fatto conoscere persone che magari, per età e interessi, non avrei mai frequentato in altro modo. Magari anche solo gente che te sbrocca contro per un caffè troppo freddo. Bisogna capirla, la gente: magari si è alzata inversa, oppure ha avuto una brutta giornata. Tu sei lì e devi dare retta. Magari ti trovi quaranta persone davanti e devi fare tutto di corsa. Io rendo molto di più se sono pressato, perché in genere sono pigro”.

- Adesso tra tour e programmi futuri sarai allora molto produttivo?

“Sì, anche se vorrei rendere ancor di più. Sono in tournée con il mio gruppo e abbiamo già delle idee per il prossimo cd. Possiamo approfittare di queste giornate intense e cominciare a lavorarci”.

- Sappiamo che tua madre è devota a padre Pio, perché i medici le avevano detto che non poteva avere figli, e il santo l’ha aiutata.

“Mia mamma è molto devota. Anche in questo non mi ha mai imposto nulla. Io ho molta fede, so che lassù c’è qualcuno e che mi sta aiutando. Come lei forse un giorno avrà un mio percorso. Quella è la sua storia ed è molto bella”.

Giusi Galimberti
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