Dna, ha 60 anni il puzzle della vita

Nel 1953 la rivista "Nature" pubblicava il lavoro con cui veniva annunciata la scoperta della molecola a doppia elica, che contiene tutte le nostre informazioni genetiche.

11/05/2013
(Thinkstock)
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Proprio 60 anni fa la celebre rivista Nature pubblicava il lavoro con cui veniva annunciata la scoperta della molecola a doppia elica del DNA. Autori, Jim Watson e Francis Crick. Entrambi vennero poi insigniti del premio Nobel nel 1962. Questo eccezionale risultato scientifico fu il frutto di anni di lavoro in cui i migliori laboratori del mondo si trovarono impegnati nella gara a chi sarebbe arrivato prima. La vicenda è narrata perfino con umorismo da Watson in un libro molto divertente che è anche la sua autobiografia. In esso egli spiega come l'esito della loro ricerca fu rappresentata con un modellino in plastica corrispondente ad un'immagine ottenuta mediante la diffrazione dei raggi X da un'altra inglese, Rosalind Franklin, che morì prima del riconoscimento di Stoccolma.

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Ammette, Watson, e lo ripeterà sempre, come il grande successo fu da loro ottenuto perchè si trovarono a studiarlo al momento giusto, nel posto giusto, come dire che la scienza è sempre il prodotto del lavoro di tantissimi che a un certo punto arriva a maturazione. E poi anche grazie al carattere complementare, ma ironico e sempre pronto a mettersi in discussione, di entrambi. Quella sera di 60 anni fa i due brindarono in una birreria di Cambridge affermando che il puzzle della vita era ormai svelato. Ma era davvero così? A che punto siamo? Cosa è successo in questi 60 anni? E' molto impegnativo tentare di rispondere a tali domande, pertanto ci limitiamo a qualche accenno.

Renato Dulbecco
Renato Dulbecco

Dieci anni fa, nel 2003, venne completata la mappatura del genoma umano e cioè del DNA. Nel 2012 arrivarono i primi risultati dell'ambizioso progetto "Encode" che si poneva l'obiettivo di catalogare tutti gli elementi veramente attivi del genoma stesso. Uno dei protagonisti di tutto ciò fu Renato Dulbecco. Un altro italiano, Enzo Di Fabrizio, dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, ora docente in Arabia Saudita, luogo dove i finanziamenti non mancano, ha annunciato di recente di avere messo in posa un filamento di DNA per fotografarlo coi metodi delle nanotecnologie, arrivando alla dimensione di otto nanometri (circa un milionesimo di centimetro) per poterlo studiare meglio. Se è molto difficile capire davvero e spiegare tutto questo, ci è forse più agevole puntualizzare un paio di questioni.

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Dal momento dello storico brindisi nella birreria di Cambridge non solo si è compreso che quello era solo l'inizio, ma si è giunti ad ammettere che il nostro genoma non ci determina in modo assoluto perchè vi è una sua continua interazione con l'ambiente. D'altra parte la conoscenza del genoma che continua a progredire si sta comunque rivelando fondamentale per la lotta alle malattie. A questo proposito l'elenco sarebbe lungo e variegato. Ci basti citare l'emofilia e la talassemia, le neuroscienze e poi, ovviamente, il cancro.

Ida Molinari
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