15/09/2011
La Nasa ci ripensa e torna (in parte) sui suoi passi. Due anni fa, alle prese con problemi di budget, annunciò la cancellazione del programma Constellation, che prevedeva di riportare l’uomo sulla Luna nel 2020 per poi puntare a Marte. Con esso furono abbandonati anche lo sviluppo della navicella spaziale Orion - simile alla storica capsula Apollo, ma assai più grande e capace di portare sino a sei astronauti - e il grande razzo Ares destinato a lanciarla nello spazio. Ora, messa alle strette dall’uscita di scena dello Shuttle e dalla necessità di dipendere dai russi e dalle loro Soyuz, l’agenzia americana ha annunciato ieri di aver scelto la nuova astronave per il futuro. Chiamata provvisoriamente SLS (Space Lunch System), altro non è che la capsula Orion e un potente razzo vettore molto simile per concezione all’Ares. Ecco un'animazione della Nasa realizzata con la computer grafica:
In altre parole, rimane nel cassetto l’idea di tornare in tempi brevi
sulla Luna, ma si è deciso di recuperare la tecnologia del programma
Constellation per poter disporre rapidamente di un nuovo veicolo
spaziale “manned”, cioè con uomini a bordo, per raggiungere la Stazione
Spaziale Internazionale. E, un domani, per intraprendere missioni più
impegnative: la Luna o l’esplorazione di un altro corpo celeste. Per
esempio, uno degli asteroidi che si avvicinano periodicamente alla
Terra.
Se la capsula Orion è stata definita l’Apollo con gli anabolizzanti per la sua somiglianza alla navicella degli anni Sessanta, il nuovo razzo destinato a lanciarla sarà il più potente mai costruito dopo il Saturn 5 che portò l’uomo sulla Luna. Per costruirlo in tempi rapidi e a costi contenuti, si è deciso di “riciclare” componenti già esistenti. I motori del primo stadio, per esempio, saranno gli stessi dello Shuttle e così pure i due grandi “booster” a propellente solido che forniranno una spinta supplementare nei primi due minuti di volo.
Il secondo stadio, invece, utilizzerà motori che sono direttamente derivati da quelli del secondo e terzo stadio del Saturn 5 di von Braun. Tecnologia vecchia ormai di cinquant’anni, ma subito disponibile e, soprattutto, affidabile.
La Nasa, insomma, sembra aver superato il suo momento di incertezza e aver imboccato la strada giusta.
Manca ancora un chiaro programma per il dopo Stazione Spaziale, cioè per gli anni successivi al 2020, ma l’SLS apre nuovi scenari.
Possiamo tornare a sognare.
Giancarlo Riolfo