A tavola senza leggende metropolitane

Un’inchiesta di Altroconsumo sui falsi miti sanitari si occupa anche di quelli alimentari

30/08/2011

«L’aria è così inquinata che fumare meno, o addirittura smettere, serve a poco». Alzi la mano chi non ha mai sentito pronunciare una frase simile. Se, ascoltandola, non avete avuto nulla da eccepire o non vi è venuta la curiosità di controllare quanto è scientificamente fondata (perché vi sembrava tutto sommato plausibile), siete in numerosa compagnia: non sa che è un’emerita bufala il 63% degli italiani. Ma se è diventata una (falsa) credenza sulla salute, è perché ha innanzitutto due caratteristiche: un vago senso di verosimiglianza e il tipico potere di persuasione delle frasi ripetute molte volte; quel potere psicologico, per intenderci, di cui si serve abilmente la pubblicità. L’associazione di consumatori Altroconsumo, dopo un’indagine campione su duemila persone, ha messo a punto un vademecum contro le principali leggende metropolitane in campo sanitario. Ecco quelle che riguardano l’alimentazione.  

Integratori inutili

«Le leggende metropolitane,» dicono ad Altoconsumo, «sono dure a morire, e quelle sulla salute non fanno eccezione. Soprattutto se a supportarle sono alcuni medici (e farmacisti) e certa informazione non proprio indipendente e disinteressata. Si pensi all’inarrestabile boom di consumi di integratori multivitaminici cui stiamo assistendo negli ultimi anni. Solo il 37% dei quasi duemila nostri intervistati ha ammesso che non hanno alcuna utilità. Infatti, come ripetiamo spesso, una dieta sana ed equilibrata si fa un baffo di questi prodotti. L’importante è prevedere almeno cinque porzioni giornaliere di frutta e verdura e bilanciare correttamente carboidrati, proteine e grassi. Lo stesso vale per gli integratori per lo sport (con aminoacidi, creatina...). Sono inutili, anche per le persone impegnate in attività fisiche intense. Ma a esserne sicura, è ancora una volta la minoranza degli italiani (40%), e infatti sono prodotti che spopolano nelle palestre. In realtà soltanto per chi fa un’attività fisica davvero molto impegnativa, anche dal punto di vista della durata (per esempio una maratona), l’avversario principale è la fatica, causata dalla diminuzione delle riserve di carboidrati e dall’inizio della disidratazione. Solo in questi casi è giustificato il ricorso, oltre che a carboidrati (biscotti, pane...) e acqua, anche a integratori di elettroliti, per sopperire alla perdita di acqua e di sali minerali. Chi va in palestra per tenersi in forma, invece, non ha bisogno di nulla, se non di una dieta equilibrata».  

Il congelatore non basta
L’Italia è la patria del buon cibo, ma spopolano anche le false credenze a tavola. Una scongelazione a bassa temperatura (cioè in frigorifero) degli alimenti è raccomandata, sia perché comporta una minor perdita di valore nutrizionale, sia per prevenire intossicazioni. Infatti ci sono batteri che potrebbero moltiplicarsi mentre il cibo è tenuto a temperatura ambiente. Informazioni, dice Altroconsumo, che sembrano essere in possesso solo del 57% degli intervistati. Inoltre, solo un italiano su due sa che il congelamento non uccide i batteri, ma ne blocca soltanto la proliferazione: i microrganismi ritorneranno attivi dopo lo scongelamento. Per questo lo stato igienico dei prodotti che intendiamo refrigerare è di fondamentale importanza per la qualità igienica finale. Allo stesso modo, anche dopo la cottura, il cibo deve essere conservato in frigo se non si consuma subito, perché può nuovamente essere soggetto a contaminazioni: c’è invece il 12% degli italiani che pensa di poterne farne a meno. A un’accurata conservazione deve associarsi una buona cottura, la sola capace di distruggere la maggior parte dei batteri e parassiti pericolosi che possono contaminare carne, pesce e molluschi, e provocare intossicazioni e disturbi anche gravi. Questa informazione è abbastanza nota: 85 italiani su 100 azzeccano la risposta, ma sono ancora evidentemente troppe le persone che la ignorano.

Il guscio dell’uovo

È buona pratica lavare accuratamente il guscio delle uova, appena prima di romperlo. La presenza di residui di feci sulla superficie costituisce una possibile fonte di contaminazione, visto che vi possono proliferare germi, soprattutto i batteri della salmonella (non lasciate mai le uova in frigorifero a contatto con altri alimenti freschi). Se il guscio non è ben pulito, quando lo si rompe, nell’uovo potrebbe entrare il batterio eventualmente presente nelle feci della gallina. Si stima che il 50% delle salmonellosi sia dovuto a uova contaminate mangiate crude (la cottura elimina questo pericolo). Il rischio non è avvertito dal 44% dei partecipanti all’inchiesta di Altroconsumo.

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