Dall’Italia la guerra contro la Sla

Domenica è in programma la Giornata nazionale in 90 piazze, intanto arrivano notizie incoraggianti dai nostri centri di ricerca

30/09/2011

È in programma per domenica 2 ottobre la quarta edizione della Giornata Nazionale contro la SLA, promossa da AISLA Onlus - Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il Patrocinio dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani. In occasione della Giornata Nazionale del 2 Ottobre, AISLA promuove in tutta Italia, in oltre 90 piazze, iniziative per sostenere la ricerca e sensibilizzare rispetto alle problematiche e ai bisogni dei malati affetti da SLA e dei loro familiari. Con un contributo di 10 euro sarà possibile ricevere una bottiglia di pregiato Barbera d’Asti DOCG, creata in edizione limitata apposta per l’occasione. I fondi raccolti saranno devoluti per finanziare un progetto di ricerca.


La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è detta  anche morbo di Lou Gehrig, dal nome del giocatore statunitense di baseball che fu la prima vittima accertata di questa patologia, o malattia di Charcot o malattia dei motoneuroni. E' una patologia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che permettono i movimenti della muscolatura volontaria. I primi segni compaiono quando la perdita progressiva dei motoneuroni supera la capacità di compenso di quelli superstiti fino ad arrivare ad una progressiva paralisi, ma con risparmio delle funzioni cognitive, sensoriali, sessuali, vescicali ed intestinali.

Generalmente si ammalano di SLA individui adulti di età superiore ai 20 anni, di entrambi i sessi, con maggiore frequenza dopo i 50 anni. In Italia si manifestano in media tre nuovi casi di SLA al giorno e si contano circa sei ammalati ogni 100.000 abitanti. I sintomi iniziali sono talmente impercettibili che spesso sono ignorati e variano da persona a persona; comune a tutti è la progressiva perdita di forza che può interessare tutti i movimenti volontari. Nella maggior parte dei casi l’indebolimento riguarda prima i muscoli delle mani o dei piedi o delle braccia e/o delle gambe che porta generalmente a far cadere oggetti, ad inciampare frequentemente o a compromettere semplici attività del vivere quotidiano quali vestirsi, lavarsi od abbottonarsi vestiti. Altre manifestazioni possono essere la difficoltà nel parlare, nel masticare, nel deglutire.

Sono state identificate tre forme di SLA:
• Sporadica: la più comune forma di SLA, dal 90 al 95 % di tutti i casi 
• Familiare: più di un caso in un unico ceppo familiare, conta un ridotto numero di casi, dal 5 al 10 %. Nel 1993, in alcune famiglie colpite da SLA familiare è stato accertato che la mutazione di un gene (SOD 1), può provocare la malattia. 
• Guam: un' incidenza incredibilmente alta di casi, caratterizzata dalla associazione con sindrome demenziale e Parkinson, fu osservata negli anni ’50 sull’Isola di Guam.

Le cause della SLA non sono ancora del tutto chiare, comunque è ormai accertato che non è dovuta ad una singola; si tratta invece di una malattia multifattoriale, determinata cioè dal concorso di più circostanze, tra cui la predisposizione genetica, anche se per 10 anni la comunità scientifica ha ritenuto che potesse dipendere dal cromosoma 9. 

La SLA è una malattia molto difficile da diagnosticare. Oggi non esiste alcun test o procedura. E’ solo attraverso un attento esame clinico, ripetuto nel tempo da parte di un neurologo esperto, e una serie di esami diagnostici per escludere altre patologie che emerge la diagnosi. La Sla è in genere fatale entro 3-5 anni dall’esordio. Al momento non esiste una terapia: l’unico farmaco approvato è il Riluzolo, la cui assunzione può rallentarne la progressione.

L’Italia rappresenta un fiore all’occhiello nella ricerca, siamo infatti secondi soltanto agli Usa: negli ultimi anni le ricerche si sono moltiplicate e la speranza di trovare presto un rimedio definitivo si è fatta più concreta.  Parla italiano l’ultimo importante studio sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica, pubblicato  il 21 settembre 2011 su “Neuron”  ( http://www.cell.com/neuron)  la più importante rivista scientifica internazionale nel campo delle neuroscienze. Il gruppo di fanno parte del Laboratorio di Genetica Molecolare delle aziende ospedaliere Molinette e OIRM Sant’Anna di Torino (diretti rispettivamente dal Prof. Chiò e dalla dottoressa Gabriella Restagno) , del Centro SLA di Cagliari (diretto dal dottor Giuseppe Borghero), dell’Università la Cattolica di Roma(diretto dal professor Mario Sabatelli)  e del Centro di Neurogenetica del National Institutes of Health di Bethesda, USA  (diretto dal dottor Bryan J. Traynor ) . 

Gli studiosi italiani ed americani  hanno identificato un nuovo gene ( gene c9orf72, localizzato a livello del cromosoma 9 ) come il principale responsabile della SLA familiare e sporadica. La mutazione di questo gene, che si trova nel nucleo del neurone (la cellula nervosa responsabile del controllo delle contrazioni volontarie del muscolo scheletrico)  sarebbe la causa della malattia. Lo studio collaborativo ha analizzato 268 casi familiari di Sla (americani, tedeschi e italiani) e 402 casi familiari e sporadici di Sla finlandesi e ha permesso di scoprire che il 38% dei casi familiari e circa il 20% dei casi sporadici erano portatori di un’alterazione di questo gene.

Questa nuova scoperta medica pone le basi per la cura di una malattia. La capacità di convogliare le risorse, senza disperdere i contributi che enti e privati forniscono per la ricerca sulla Sla, è anche il principale obiettivo di AriSLA, un’agenzia creata ad hoc tre anni fa da Fondazione Cariplo, Fondazione Telethon, Fondazione Vialli e Mauro per la ricerca e lo sport e Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, AISLA, l’ ente di riferimento per le persone colpite da Sla (www.aisla.it ).

Il 27 settembre è stato reso noto  uno studio su cui stanno lavorando i ricercatori dell’Istituto neurologico Besta di Milano, che potrebbe portare una sorprendente novità nella guerra alla Sla. L’idea di utilizzare l’ormone dell’eritropoietina, (conosciuta comunemente sotto il nome di Epo, un farmaco dopante)  che è in grado di aumentare il numero dei globuli rossi contenuti nel sangue nasce da studi pregressi che avevano sottolineato come la sostanza fosse in grado di proteggere i neuroni dal processo di degenerazione relativo alla patologia. Il progetto finanziato da Arisla ha scoperto che l’epo può infatti rallentare la progressione della malattia e migliorarne i sintomi. Gli scienziati studieranno l’uso di quest’ormone dopante nei pazienti con SLA.

Stefania Marchisio
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